Se con “i disegni si può scrivere, è vero anche l’opposto che con le parole si può disegnare”. Questa considerazione per i suoi lettori, nella Premessa dell’Autore al suo Coriandoli di immagini, vuol essere, penso, una puntualizzazione o un cortese suggerimento a leggere, un componimento dopo l’altro, con lo stesso suggerimento che egli ha avuto dall’anima e dalla ispirazione. Ho voluto anzitutto leggere la sua introduzione alla recente raccolta di poesie, ognuna delle quali ha la propria vita, come se fosse un messaggio nel quale squadernare con attenzione la sua anima e il suo stile. Per il lettore la Premessa vuole anche essere, appunto, una lezione di stile, del suo stile, di Antonio Pellegrino, il quale non può che averla tratta se non dopo la sua rilettura dei suoi componimenti poetici. Di cui egli è attento alla rilettura e alla scrittura dell’esempio dei passi, come un critico-letterato, che compone un libro di stilistica, per insegnare, da guida, come vanno lette sia ciascuna delle opere di prosa sia di poesia, nonché come vadano composte per chi vuole essere scrittore. Poeti si nasce, ma non si può fare a meno della tecnica. E’,questo mio, un suggerimento a leggere l’introduzione per comprendere meglio e ritmo e struttura del verso, ossia la collocazione delle parole nella forza della parola. “…Si deduce… che la
parola contiene l’oggetto dal quale essa scaturisce. Quando, invece, si fa segno di se stessa, la parola diviene immagine di sé, quindi sostanza, il che è avvertibile soprattutto nei linguaggi religiosi e poetici”.Ma quali sono i coriandoli del poeta? “Chino su frammenti di carta,/… Seminati in un’aria opaca,/ tormento concetti/ inghiottiti poi dalla penna vorace,/ … Sublimano già schegge di immagini,/ come tanti pezzetti di vetri colorati,/ vaganti nel tempo,/ di sé immemori e d’ogni altra cosa”. Ho avuto il piacere di conoscere l’Antonio di altre raccolte, delle quali, cogliendo fior da fiore, mi è sembrato di conoscerlo nella sensibilità che gli suggerisce di guardare ininterrottamente dentro e fuori di sé, ma sempre solitario, come quando ci si trova in chiesa fra fedeli, ognuno per sé, in intimo esame della propria essenza. La quale si spande, nella sua casa, solo, nell’inseguimento della compagnia del sapere e del voler sapere, ricchezza sua, solamente sua, che versa in componimenti che possono far convivere il poeta con il suo lettore, perché la parola scritta od orale non è mai muta, e sa fare compagnia e ristorare anima e mente. Anche se, tra sé, in Le prime ombre, dice il tutto di sé, in un sottile pessimismo: “Sono al crepuscolo le mie residue ore,/ s’adagiano i pensieri,/ cullati dallo scandire lento dell’attesa./ Ombreggia anche la mia vita di silenzi”. Eppure "è un boato di silenzi… questo lento fluire di parole. / …scivolano…, nostalgici frammenti d’immagini… smarriti fra venti, strozzati dal tempo crudele dell’assenza”. E ancora “Mentre vaga solinga la luna / in un cielo ceruleo, smarrita, … l’alcova della notte / accoglie, ora, i deliri dei miei sogni”. Non mi sembra di voler fare una forzatura di ricerca di parole per usarle al fine di entrare di soppiatto nel cuore di Antonio che soffre la solitudine, alla quale non fa omaggio, né vorrebbe farlo, ma per meglio comprendere quanto egli penetri in essa ed essa in lui. E quanto la solitudine gli suggerisca del buon dire poetico. Quel buon dire che è terra dei grandi – mi vien da ricordare Giacomo Leopardi, anche il si licet magna componere parvis – certamente quel buon sapere, che, tacendo è ispiratore del buon comporre. Che è altro, quello di Antonio, si sa, e tale deve essere nella consapevolezza di sé e di noi che leggiamo. Il buono in sé non è solamente il buon vivere, è sapere, anche, per lo più, di doverlo tessere nella speranza che una mano lontana gli sia, e ci sia accanto e l’aiuti a guardare lontano, proprio come sperare l’arcobaleno dopo la pioggia. Che ispira a noi l’arcobaleno? E a lui? “Fantasma del cielo, …un’argentea luce batte nel tuo petto / e sorridi alla terra / Fantasma come te / rifletto di me solo momenti residui del mio vivere… Una fugace scheggia di speranza sei dopo la tempesta”. Sappiamo che egli non è monocorde quanto a saperi e a ricerche di altro sapere. Le poesie che porge in lettura non sono sole. Alle parole egli associa immagini di altro tipo di lettura: pittura e grafica e matite di volti solitari e di nature morte, ritratti di attimi di altra sua solitudine, come quella della giovane sulla spiaggia che allarga le braccia all’ombrellone solo nella sabbia, come lei. Le due arti si completano. Si legga e si guardi pagina dopo pagina, compresi che l’arte figurativa… “è un preziosissimo scrigno di parole, contiene innumerevoli discorsi, è come la poesia, una meticolosa traduttrice della realtà”. Un augurio di buona lettura.
(in Associazione Storica Medio Volturno, Annuario 2006, A.S.M.V. Editrice, Piedimonte Matese, 2008, pagg. 232/234)
Domenico Loffreda
parola contiene l’oggetto dal quale essa scaturisce. Quando, invece, si fa segno di se stessa, la parola diviene immagine di sé, quindi sostanza, il che è avvertibile soprattutto nei linguaggi religiosi e poetici”.Ma quali sono i coriandoli del poeta? “Chino su frammenti di carta,/… Seminati in un’aria opaca,/ tormento concetti/ inghiottiti poi dalla penna vorace,/ … Sublimano già schegge di immagini,/ come tanti pezzetti di vetri colorati,/ vaganti nel tempo,/ di sé immemori e d’ogni altra cosa”. Ho avuto il piacere di conoscere l’Antonio di altre raccolte, delle quali, cogliendo fior da fiore, mi è sembrato di conoscerlo nella sensibilità che gli suggerisce di guardare ininterrottamente dentro e fuori di sé, ma sempre solitario, come quando ci si trova in chiesa fra fedeli, ognuno per sé, in intimo esame della propria essenza. La quale si spande, nella sua casa, solo, nell’inseguimento della compagnia del sapere e del voler sapere, ricchezza sua, solamente sua, che versa in componimenti che possono far convivere il poeta con il suo lettore, perché la parola scritta od orale non è mai muta, e sa fare compagnia e ristorare anima e mente. Anche se, tra sé, in Le prime ombre, dice il tutto di sé, in un sottile pessimismo: “Sono al crepuscolo le mie residue ore,/ s’adagiano i pensieri,/ cullati dallo scandire lento dell’attesa./ Ombreggia anche la mia vita di silenzi”. Eppure "è un boato di silenzi… questo lento fluire di parole. / …scivolano…, nostalgici frammenti d’immagini… smarriti fra venti, strozzati dal tempo crudele dell’assenza”. E ancora “Mentre vaga solinga la luna / in un cielo ceruleo, smarrita, … l’alcova della notte / accoglie, ora, i deliri dei miei sogni”. Non mi sembra di voler fare una forzatura di ricerca di parole per usarle al fine di entrare di soppiatto nel cuore di Antonio che soffre la solitudine, alla quale non fa omaggio, né vorrebbe farlo, ma per meglio comprendere quanto egli penetri in essa ed essa in lui. E quanto la solitudine gli suggerisca del buon dire poetico. Quel buon dire che è terra dei grandi – mi vien da ricordare Giacomo Leopardi, anche il si licet magna componere parvis – certamente quel buon sapere, che, tacendo è ispiratore del buon comporre. Che è altro, quello di Antonio, si sa, e tale deve essere nella consapevolezza di sé e di noi che leggiamo. Il buono in sé non è solamente il buon vivere, è sapere, anche, per lo più, di doverlo tessere nella speranza che una mano lontana gli sia, e ci sia accanto e l’aiuti a guardare lontano, proprio come sperare l’arcobaleno dopo la pioggia. Che ispira a noi l’arcobaleno? E a lui? “Fantasma del cielo, …un’argentea luce batte nel tuo petto / e sorridi alla terra / Fantasma come te / rifletto di me solo momenti residui del mio vivere… Una fugace scheggia di speranza sei dopo la tempesta”. Sappiamo che egli non è monocorde quanto a saperi e a ricerche di altro sapere. Le poesie che porge in lettura non sono sole. Alle parole egli associa immagini di altro tipo di lettura: pittura e grafica e matite di volti solitari e di nature morte, ritratti di attimi di altra sua solitudine, come quella della giovane sulla spiaggia che allarga le braccia all’ombrellone solo nella sabbia, come lei. Le due arti si completano. Si legga e si guardi pagina dopo pagina, compresi che l’arte figurativa… “è un preziosissimo scrigno di parole, contiene innumerevoli discorsi, è come la poesia, una meticolosa traduttrice della realtà”. Un augurio di buona lettura.
(in Associazione Storica Medio Volturno, Annuario 2006, A.S.M.V. Editrice, Piedimonte Matese, 2008, pagg. 232/234)
Domenico Loffreda