Antonio Pellegrino è nato e vive ad Amorosi e, da oltre un trentennio, insegna materie letterarie. Nella scuola di trincea si è quotidianamente impegnato per fare radicare nelle coscienze dei preadolescenti la cultura dell’antidestino e la speranza di costruire, nella verità condivisa, un futuro migliore. Da anni si esercita nella pittura, nella grafica e nella realizzazione di strumenti didattici e multimediali. Come cultore di cinema e cineasta dilettante, ha realizzato nell’aprile del 1989, quattro documentari dal titolo “Amorosi: Geografia, Urbanesimo, Storia, Economia e Costume”. Ha pubblicato già due raccolte di versi: L’ultimo rito nel 1995 e Frammenti nel 2003, la cui recensione è presente nell’Annuario 2003 dell’associazione storica del Medio Volturno. Di recente ha pubblicato la silloge di poesie “Le Parole del Silenzio” e ne ha fatto dono agli amici delle comunità della Valle telesina. Un filo d’oro lega i componimenti lirici delle tre raccolte. Difatti sono tutti emanazione del tempo dell’anima. Nel dettaglio, le liriche del periodo giovanile (1966-1972) esprimono sogni di liberazione e di ribellione nei confronti di un sistema cattivo ed opprimente, ove si fa politica per il potere. L’uomo gli appare sempre più cedevole al sonno della ragione e alle convenienze utilitaristiche. Dal 1973 al 1981 vive in Valtellina, nella città di Sondrio, ove canta la solitudine cosmica. Qui il tempo dell’anima individuale incontra il tempo degli altri. Sul finire del 1981 ritorna nella propria terra ove fa esperienza del “piatto orizzontalismo mentale” che attanaglia ed orride le coscienze pensose e libere. Sperimenta che le ali per volare nei liberi cieli non servono, perché la banalità e la noia sono riempitivi del vivere quotidiano. E cade nel timore che persino le ali del ricordo possano spezzarsi “nell’afa di cervelli che non pensano”. Nei versi dell’ultima silloge “Le Parole del Silenzio” ritorna il tema della giustizia. Difatti, nella lirica “Quale Giustizia” esprime sofferenza per il fatto che per i più è scandalo pensare ai deboli e desiderare la giustizia. Si fa così sostenitore dell’esigenza di dividere “quando pochi posseggono e molti sono quelli che non hanno niente”. Contestualmente, emerge da tutti i componimenti
della raccolta la vocazione alla solitudine, che “genera il silenzio e produce insieme al pensiero la parola, il segno rivelatore, colei che sola è in grado di tradire l’anima e metterne fuori le verità più recondite, essa solamente ha il potere di tradurre le maschere che si creano fra ognuno di noi e la quotidianità del vivere”. Si capisce allora che gli elementi costitutivi della natura intima di Antonio Pellegrino sono la solitudine e il silenzio, entrambi pervasi da uno sconfinato amore per la parola. Egli pur bruciando ogni essenza della vita “sull’altare dell’immacolata solitudine”, non cede tuttavia al pessimismo: proclama il valore della interiorità della coscienza e della Fede, regina delle certezze “il cui albergo è nel cuore di ogni uomo”. Capita di rado leggere una poesia così vera e così coinvolgente (in Realtà Sannita, 1 - 15 novembre 2004, p. 4)
Vittorio Barbieri
della raccolta la vocazione alla solitudine, che “genera il silenzio e produce insieme al pensiero la parola, il segno rivelatore, colei che sola è in grado di tradire l’anima e metterne fuori le verità più recondite, essa solamente ha il potere di tradurre le maschere che si creano fra ognuno di noi e la quotidianità del vivere”. Si capisce allora che gli elementi costitutivi della natura intima di Antonio Pellegrino sono la solitudine e il silenzio, entrambi pervasi da uno sconfinato amore per la parola. Egli pur bruciando ogni essenza della vita “sull’altare dell’immacolata solitudine”, non cede tuttavia al pessimismo: proclama il valore della interiorità della coscienza e della Fede, regina delle certezze “il cui albergo è nel cuore di ogni uomo”. Capita di rado leggere una poesia così vera e così coinvolgente (in Realtà Sannita, 1 - 15 novembre 2004, p. 4)
Vittorio Barbieri