CENTOVENTI AFORISMI
1. Quando un sentimento, quatto quatto, nel petto fa capolino, come un palloncino, nell’aere sospeso, il cuore, impallidito, tremula.
2. La poesia non è moda, non è stile o maniera, legati a un tempo o a uno schema: è libera evocazione dello spirito del poeta nel canto della parola.
3. Pensare quello che pensano gli altri di noi è una perdita di tempo. Importante, invece, è pensare cosa pensiamo noi di noi, interrogarci per capirci.
4. Creare il vuoto nella mente è l’inizio di ogni inizio, è il percorso “unico” per potere ricominciare e ritrovarsi. In quel “vuoto” tutto risiede. Esso contiene tutto quanto bisognerebbe sapere di sé per “poter essere”.
5. Raramente l’essere umano cerca nel riposo la “pausa dal mondo”. Egli non predilige l’incontro con il sé ma la fuga dal sé, predilige la maschera, il mezzo dell’occultamento e dell’ambiguità.
6. Il cattivo lettore raramente è attento al testo che legge, ma al nome di chi ne è l’autore: gli dà, poi, importanza solo se quest’ultimo, l’autore, è noto.
7. Nell’uomo, che si sveglia dal sonno dell’ignoranza e accede alla vita vera, il centro motore, il centro emozionale e il centro intellettuale trovano la loro coincidenza nel centro più estremo che è l’uomo stesso.
8. Il sogno autentico è quello che non si spegne, insieme alla notte, quando il giorno sorge.
9. Quando sogno e pensiero non coincidono, sia il pensiero che il sogno vacillano.
10. E’ nelle possibilità dell’uomo procedere verso l’oltre psichico sfidando i confini dell’essere: la verità è dentro l’uomo e il nemico più grande dell’uomo può essere l’uomo stesso.
11. L’anelito sia verso altre lune e altri tramonti, altre albe e altri cieli stellati, altri occhi, qualunque dovesse essere il loro colore, basterebbe che fossero gli occhi stessi dell’anima.
12. Quando lo spirito nell’anima è più leggero di quanto la materia del corpo pesi, tutto appare possibile.
13. Colui che ancora riesce a credere nel “sogno di sé” sa che deve svegliarsi. Il risveglio comporta la liberazione dalla schiavitù dei dati veicolati dall’educazione e trasmessi come cultura, ma che precludono la via verso la conoscenza.
14. La perfezione non è legata a una visione estetica, ma a una visione etica: è saper cogliere, nel centro di ognuno di essi, l’anima delle persone, degli animali, delle cose, di tutto quanto esiste.
15. L’ascolto autentico? Saper vivere attimi di deserto a diretto contatto con l’estremo silenzio del pensiero.
16. L’ascoltare è, prima di tutto, ascoltarsi, come il vedere è vedersi: se non ti ascolti, non puoi ascoltare; se non ti vedi, non puoi vedere.
17. Nell’uomo tutto coincide in un centro che è lui stesso: sensi e pensiero coincidono, il pensiero stesso è un senso. Ciò che egli sente e prova, lo sente e lo prova in presenza di entrambe le cose. Il contrario è il non-senso.
18. Raramente l’educazione riesce a ricondurre l’uomo all’uomo, più spesso lo allontana da se stesso, dal suo centro. Si pensi al modo di agire della famiglia, della scuola, della chiesa, dei poteri incontrollabili della persuasione occulta: un modo inibente che abortisce alle radici la possibilità dell’accesso alla vera conoscenza.
19. Ogni “debole” si nasconde nella “folla” e lì, affidandosi al potente di turno, il demiurgo, rinasce, come per incanto, forte.
20. Quando l’altro coglie il suono che i tuoi versi emettono e lo percepisce come canto della sua stessa anima, quella è poesia.
21. Non bastano una radiosa primavera o un rosaceo tramonto, un’argentea aurora o un mare spumeggiante di onde, una luna a coronare un cielo stellato o una magica musica, una fluente chioma ramata, mossa dal vento, o il fascino ammaliante di due occhi verdi per indurre a pensare a un sentimento.
22. In fuga dalla vita, nel sogno, ci si riduce allo stato larvale di se stessi, Sarà, poi, duro il risveglio…!
23. Tutto dipende da quanta e quale consapevolezza abbia del “pensiero di sé” chi crede di potere agire, in assenza del pensiero, tramite la spinta dei soli stati emozionali, veicolati dai “cosiddetti sensi”.
24. La felicità o te la dai tu o non te la dà nessuno: essa dipende da te, solo da te, su di te devi lavorare per vederla.
25. Per sondare l’io l’unico mezzo siamo noi stessi: né altri, né le culture, né altri mezzi possono darci quello che noi solamente possiamo darci, solo a noi è dato descrivere il volto che abbiamo.
26. E’ raro che uno scrittore trovi l’ispirazione in una sola storia, se non in una che possa essere comune a tante altre. E’ questo che aiuta chi legge a poter ritrovare nella narrazione i suoi stessi stati emotivi, frammenti di se stesso, cose compatibili con la sua esperienza di vita.
27. L’istinto è un veicolo parziale del conoscere: se non è temperato dal pensiero che raccoglie tutti i segnali motori ed emotivi periferici per rielaborarli nel suo centro intellettivo: è solo così che l’individuo può prendere visione dell’immagine completa di se stesso.
28. Negli aforismi miei scrivo, a beneficio di chi legge, quello che ragione e conoscenza mi suggeriscono debba essere, se, poi, io stesso sappia essere così non è dato saperlo.
29. I sensi danno solo indizi indiretti sul reale fisico, quest’ultimo, quindi, può essere afferrato per via speculativa tanto che le nostre concezioni del momento non possono mai essere ritenute definitive.
30. Tanti sono i modi suggeriti dalle culture per “poter essere”, ma ognuno, nel modo suo, sia, sapendo di essere.
31. L’essere “sociali” non sempre implica che si sia anche “socievoli”; più spesso, invece, implica che si sia “conformi”.
32. Importante è sapere con chi stai, più importante ancora è verificare come ci stai tu con chi stai, come tu ti collochi nel rapporto.
33. L’ascolto silente ti condurrà, quasi prendendoti per mano, negli angoli più occulti del tuo essere, mentre comincerai a sentire, a piccoli frammenti, il profumo lontano della tua stessa essenza.
34. Le emozioni non sono credibili, agitano la mente e il cuore, non sono alimento del vero sentire, sono la risultante di fugaci impressioni trasmesse dai sensi, ma i sensi non hanno senso senza il controllo di quella centrale che tutto mette in equilibrio che è l’intelletto.
35. Dovresti essere una fabbrica di “emozione” se volessi vivere di emozioni: dovresti trovarne un’altra per ognuna che si spenga, Altrimenti… sarebbe il vuoto angoscioso dell’assenza.
36. Le emozioni? Sono semplici impressioni di benessere a cui manca la qualità della continuità. Esse sono, spesso se non sempre, l’anticamera di un vuoto.
37. L’emozione vera, assoluta, non fugace, permanente, quella capace di superare i limiti dei singoli stati emotivi? Emozionarsi della propria vita per il solo fatto che essa esista, ovunque essa esista, qualunque sia la condizione in cui esiste.
38. L’uomo è costituito di tempo: passato, presente e futuro. Un presente che non contenga il passato e non preveda il futuro è un tempo vuoto, è un ibrido, è un’apparenza di tempo, è un tempo senza tempo.
39. Le idee sono riferibili all’esperienza dei sensi, ma non possono essere attivate direttamente: esse non sono insite dalla natura ma dal pensiero pensante.
40. Siamo finalmente insieme: io, la parola e il silenzio.
41. Si è soliti confondere fra di loro i concetti di “individuo” e di “persona”, sintetizzando il tutto nel secondo. In realtà l’individuo è ciò che la persona in rari casi riuscirà a essere, ESSENDO: l’indivisibile, ciò che non può essere diviso da altro che da se stesso.
42. I gattini Filippo e Lello cosa pensano? Pensano che nulla è più gradevole che l’essere rispettosi del proprio e dell’altrui silenzio.
43. Non si affidi mai a nessuno la propria vita, se prima non è stata donata a se stessi.
44. Si è sempre più soliti volgere, con artificio, in canto la poesia: essa è già di per sé canto, basta che questo lo si sappia cogliere nella sana e saggia lettura.
45. E’ l’uomo che, tramite le sue azioni, manda a se stesso il meglio e il peggio: egli è il vero artefice del suo destino; egli realizza il Dio in lui o lo abortisce o lo ignora o lo attribuisce ad altri esseri, altri luoghi, altri miti.
46. L’uomo? Un frammento cosmico vagante nello spazio storico alla ricerca del suo intero universale.
47. L’affermazione “Io sono colui che è” è traducibile in “Io sono colui che sa di essere” ed è riferibile a ogni uomo che coltivi la conoscenza.
48. I ricordi attraversano il tempo vestiti della sostanza stessa dell’eternità.
49. Uno dei limiti della lettura? Ognuno legge nel modo suo e… nel modo suo riceve…: è autore egli stesso, dunque, di quanto legge?
50. Il bello delle idee è che te le puoi costruire tu e nessuno potrà mai rubartele: sono tue, ti appartengono, sono l’estremo livello di una libertà che altrimenti non potrebbe esistere.
51. I ricordi brutti, non meno che quelli belli, sono monito e insegnamento, sono guida lungo il cammino.
52. Si ha la sensazione, a volte, di vivere fra parole vuote, fra relazioni vuote, in un tempo vuoto, alcova di spiriti vuoti: l’apologia del vuoto.
53. Se è la realtà che induce il pensiero a pensare le idee, è la parola, poi, che riconduce le idee nella realtà.
54. L’altra parte di noi, il nostro “Tu” ci rimane, spesso, se non sempre, del tutto estranea e finiamo per vivere intere vite con un “Io” di cui nessuno di noi comprende da dove mai possa essere venuto.
55. La parola è evento dell’anima in quanto è capace di rendere visibile quanto era invisibile o nascosto.
56. La solitudine è l’inizio dell’ardimentoso cammino nella direzione di quella magica verticale che conduce a se stessi.
57. Il veicolo della parola è la poesia e sacerdote ne è il poeta.
58. Si può essere poeti solo se si ha la disposizione spontanea a lasciarsi sedurre dalla parola, che, nell’atto del versificare, perde il suo senso comune e assume un valore assoluto.
59. E’ la Poesia che produce la sapienza del sé e apre le porte alla metodologia della conoscenza di Dio, degli altri e di tutto quanto esiste.
60. A ben guardare in quell’enorme vetrina che è Facebook, sembra che il mondo viva nel sogno perpetuo di una favola senza fine: il nuovo Eden…!!!
61. E’ più salutare mettersi in ascolto del proprio silenzio, in solitudine, che subire quello imposto dagli altri, in compagnia: il tuo è tuo, ti appartiene, è un tuo stato, una tua scelta, è comunicante, ti parla; quello voluto dagli altri per te è una cesoia che con cinismo ti taglia alle radici il pensiero.
62. La nostra epoca pensa con le ali e vive con i sogni: dorme tanto da sognare sempre. Come Icaro è in caduta libera sulla realtà.
63. Dio? E’ il massimo dell’idea di sé a cui l’uomo può accedere tramite la conoscenza.
64. Facebook sembra smentire le più accreditate statistiche: pare che quello italiano sia un popolo di grandi lettori… Di frammenti…, forse…
65. L’uomo oggi? Raramente è stato tanto debole da avere bisogno di sognare la vita affidandosi a un “presunto” forte.
66. La cosa che di più rende l’uomo servo? La cultura. La via suggerita per la sua liberazione? la “Conoscenza”.
67. Se hai l’abitudine di fare il sarto o il meccanico o qualunque altra cosa, lo farai senza pensare; se hai l’abitudine di pensare, penserai senza pensare. L’abitudine è… il pensiero senza il pensiero.
68. Nessuno può considerarsi intero solo perché sommato a un altro, ma perché intero in se stesso: sottratto l’altro, si ritroverebbe mezzo o meno ancora.
69. Il non potere contenere per sempre il tutto della propria vita nella propria mente – ove i ricordi lentamente si indeboliscono, nel tempo, poi si spengono – è ciò che induce lo scrittore a fermare gli eventi nella parola.
70. Ogni giorno devi attendere quell’individuo che ancora non sei. Ogni attimo, se ti ascolti, dirà di te nuove cose.
71. La diversità…? E’ un falso concetto, partorito dalle culture della conformità. Ognuno di noi è, di per sé, un diverso, dunque, siamo tutti dei diversi.
72. Per vedere bene fuori bisogna guardare bene dentro: più ci si vede più possibilità si hanno di vedere, di prevedere, di prevenire.
73. Chi pensa che la saggezza sia solo un’opinione e confonde la follia con la verità ha ancora molto da conoscere.
74. Non rinunciare mai a pensare che il tuo “Io vero” possa essere quel “Tu tuo” che ancora non conosci. Non mirare alla proiezione esterna di te, ma a quella interna.
75. Nulla avviene per caso, qualunque cosa può essere illuminata dalla conoscenza e ridarle il giusto senso: anche una delusione profonda o un tradimento non previsto; una dolorosa incomprensione o un amore intenso non corrisposto; una malattia perfino.
76. E’ sempre l’intelletto a intercettare e pilotare gli altri sensi, è affidato a lui il compito di mediare, nell’idea prima e nella parola poi, il pensiero con la realtà.
77. Si può essere poeti solo se si ha la disposizione spontanea a lasciarsi sedurre dalla parola, che, nell’atto del versificare, perde il suo senso comune e assume un valore assoluto.
78. Un pensiero sia sempre rivolto a chi abita i nostri ricordi e che continua a dare un indirizzo di saggezza alle nostre vite.
79. Lo stato di pace interiore non può essere addebitato a un evento o a una occasione ma a una condizione permanente dello spirito, altrimenti si finisce per dipendere sempre da qualcuno o da qualcosa.
80. Se chi ha creato fosse stato in attesa di altri che gli fossero di aiuto non avrebbe creato mai nulla.
81. Il modo migliore di vivere è raggiungere il proprio deserto, il centro e il cuore della visione di sé, il luogo da cui si vede e ci si vede.
82. Come fai ad affermare che tutto ciò che vuoi non è possibile averlo? Tu, in realtà, non sai ancora nulla di te, quello che sai è quello che credi di sapere.
83. Nessuno può dire a te stesso quello che solo tu puoi dirti. Già troppo ti è stato parlato addosso, sei pieno di parole degli altri, che, ora, fanno eco nella tua vita e continuano a condizionarla.
84. Vedi ma non ti vedi, quello che vedi di te è l’impressione che in te si è formata di te: se ti vedessi veramente, dovresti provare uno stato naturale di benessere, sentirti leggero più di una piuma.
85. Non basta credere di essere diversi e rimanere nel numero dei più: la diversità vera è convinzione di sé, è irrinunciabile distinzione, è forza ed energia creatrice; la diversità vera non ha paura e lotta, non si arrende e persevera.
86. Il pensiero pensato, che non dà luogo a cambiamento, è un pensiero ibrido e inoperoso.
87. Coloro che dormono, e non compiono alcun tentativo di svegliarsi, non sono utili al mondo perché non sono utili neppure a se stessi: essi ignorano perfino di essere vivi.
88. Quello che il poeta scrive è sempre il frutto del tempo negatogli per la parola orale da chi non ha orecchi per ascoltare: miracolo della solitudine.
89. La solitudine sana è quella che consente all'io di incontrare il proprio tu, e di stabilire con quel tu un dialogo profondo di conoscenza.
90. Liberare la parola dai significati convenzionali ha lo stesso senso che liberare l'anima.
91. D'accordo che il pensiero poetico lo si attende e ci vuole pazienza, tuttavia bisogna che gli si faccia compagnia anche nei momenti di attesa sollecitandolo.
92. Se certi amplessi della vita non esistessero, impazziresti: essi rappresentano un necessario ricambio di energia, un respiro che ti riporta a te nel luogo in cui ti senti veramente libero.
93. Ogni scrittore, ogni poeta, ogni pittore o scultore, ogni artista, in quanto cultore della propria anima, è terapeuta di se stesso.
94. La memoria sa di noi più cose di quello che sembrerebbe, ma va sollecitata, interrogata tramite il gioco delle associazioni: un pensiero che guida a un altro pensiero; un ricordo che guida a un altro ricordo.
95. Non sono gli altri a renderci liberi o schiavi: ogni volta che ci sentiamo nell'uno o nell'altro modo vuol dire che è una condizione che noi stessi, inconsciamente, abbiamo creato per noi stessi.
96. La percezione della pazzia propria è la normalità di chi ha l’avvertenza dell'essere "vivo" in quel centro di sé dove la propria diversità si genera e diventa identità.
97. Non obbligatoriamente si deve indossare delle maschere se si accetta la sfida dell'essere unici.
98. Nell'io risiede il sublime in potenza che pochi hanno la capacità di riconoscere perché pochi sono quelli che si conoscono.
99. Lucciole erranti siamo, destinate a spegnersi in un soffio improvviso di vento.
100. Orgasmo dell’universo siamo, frammenti di materia vaganti nella notte interminabile del tempo.
101. «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». Lo affermò Gesù, secondo Marco, e… prima di altri geni del pensiero. Non può essere che vero.
102. La donna? E’, come la terra, il grembo che prima ti partorisce e poi ti riaccoglie.
103. A proposito della relatività del tempo: un tempo, il tempo scorreva in più tempo; oggi lo stesso tempo, governato da eventi dal ritmo” disumano”, ci ruba, insieme al tempo, il pensiero e la vita.
104. Sarà pure dimenticanza senile la mia, ma non ricordo di avere sentito, in passato, di tanti “sognatori” come oggi: il mondo sembra essersi messo in volo a bordo delle stesse, instabili, ali di Icaro.
105. Un mio pensiero ispirato dagli spavaldi naviganti della notte, premonitrice di sogni: “Ma… di giorno che fanno…? Probabilmente dormono… o, forse, credono di essere svegli…!!!
106. E’ molto probabile che si sia più veri quando si è pazzi, quando non si segue ma si sfida la corrente: nella pazzia si annida quel germe della verità che si chiama “identità negata”.
107. Il sogno autentico non è una comoda fuga dalle responsabilità, ma la faticosa proiezione verso una speranza.
108. Bisognerebbe imparare a usare il silenzio, come parola, spesso, soprattutto nei momenti posti a prologo e a epilogo della vita: la nascita e la morte.
109. I miei compagni ed amici? I miei pensieri, il mio pensiero: presenti sempre, unici e fedeli, costanti e inseparabili.
110. Facebook? E’ il luogo in cui tutto si ripete: ciò che era stato già detto viene ridetto. tutto viene trito e ritrito. Intanto nulla cambia.
111. Quale destino per l’uomo? Quello di essere la parte spenta di un universo eternamente vivo.
112. Quale il destino del corpo? L’inavvertenza dello spirito, esule, ormai, dalla vita.
113. Il soffio degli anni spegnerà il nostro tempo su quella grande torta che è la nostra vita.
114. Evanescenti come ombre siamo, come nubi dai volti cangianti.
115. La mente di ciascuno ha bisogno che venga convinta che essa c'è, che essa è unica rispetto ad altre menti, che non può essere sostituita da altre menti, ma che si può confrontare con altre menti alla pari, purché le altre siano menti e non cloni di altre menti.
116. Invece di convertire i vip alla vita semplice, ne imitiamo i logori modelli: stiamo diventando dei vip noi stessi.
117. Abbiamo allargato troppo il mondo e ne abbiamo complicato i meccanismi relazionali. Bisognerebbe tornare al modello di vita delle comunità autosufficienti: semplicità e sostanza, tolleranza e solidarietà.
118. Le parole sono la fotografia dei pensieri: esse hanno il potere di dare il corpo ai sentimenti e alle emozioni rendendoli visibili.
119. Non farti preoccupazione di come gli altri sono, ma di come tu sei; gli altri saranno come essi stessi vogliono che sia.
120. Avere la cultura non è tutto, non è il compimento del sapere. La cultura è, invece, uno dei numerosi e complessi "passaggi strumentali" verso la "conoscenza".
121. Chi ama l'arte del denigrare, teme l'arte contrapposta dell'essere denigrato. Perciò, quando egli è nella sua veste di "giullare denigratore", altro non è che un cinico parassita.
122. La solitudine ha vari modi di mostrare il suo volto: uno è quello della solitudine condizionata, che coincide con la schiavitù dell’isolamento; l'altro è quello della solitudine scelta, che coincide con la scelta della libertà.
123. Non sono mai io la causa della mia noia, essa mi viene trasferita addosso dall’altrui innaturale silenzio, dal generico chiacchiericcio, dalla folla che nulla sa e nulla dice: sacrosanta e loquace, invece, è la mia solitudine.
124. Esistono forme e forme dell'emarginazione, solo una è quella non emarginante. Autoemarginare se stessi, ad esempio, non sempre comporta un'emarginazione degli altri da sé, si pensi alle forme più alte dell'ascetismo: per l'asceta il mondo rimane nel centro dei suoi pensieri.
125. In un tempo in cui tutto di ognuno è clonabile, rintracciabile o identificabile (cellulari, spie e microspie, mappe satellitari, ecc.) sempre di più si dovrebbe avvertire il bisogno di sostare in un punto singolo e solitario, silenzioso, desertico, identico solo a se stesso, un punto che sia l'Io. Sempre che l'io sia in grado di riconoscersi in quanto Io.
126. La bellezza? Non ti è lontana, non è fuori ma dentro. E' là che la puoi trovare. Cercala..., dunque.
127. L’ossessione più evidente dell’uomo d’oggi…? Il cellulare in tutte le sue forme, formule e sofisticazioni. Senza, l’uomo stesso, al cospetto del suo stesso scheletro, si smarrirebbe in una selva oscura.
128. Il discorso? Il discorso si è drammaticamente perso fra twitt, post e criptici messaggi al cellulare. La parola – al pari dell’uomo, sempre più svilito e smontato – è diventata frammento di se stessa.
129. Le impressioni sono pure contaminazioni della conoscenza, sono fatte di frazioni infinitesimali di tempo, sono volatili più degli uccelli, che, veloci più del vento, fendono l’aria e ne feriscono il petto
130. Domani non è mai un altro giorno, è, invece, sempre il giorno preparato il giorno prima,..., il giorno prima... e il giorno prima ancora...: la nostra vita non dipende dalle occasioni quotidiane (altrimenti saremmo eternamente dipendenti da tutto, mai liberi), ma dal nostro indirizzo di vita.
131. Un antidoto efficace per la solitudine? La “solitudine”.
132. Nessuno mai è maestro di un altro se non di se stesso. Il buon maestro di un alunno o di una classe è colui che dimentica di esserlo e si vede come uno qualunque degli altri che ha di fronte.
133. Per conoscere il male non è necessario farlo, averne cioè l’esperienza - come alcuni affermano - basta, invece, imparare a riconoscerne la natura.
134. Più profondo diventa il cammino verso se stessi meno si soffre della pochezza umana che si ha intorno. La conoscenza e la stima di sé aiutano a non sentirsi soli mai e a ignorare, per quanto merita, l'altrui inconsistenza.
135. La “vera essenza” dell'individuo è intera solo nel primo vagito del bambino, poi l’educazione familiare e scolastica, l’educazione religiosa (che non sono mai un e ducere ma un in ducere) la storia e le culture impediscono che la stessa possa trovare compimento nel seguito delle età evolutive e nell’uomo adulto.
136. Non si è ancora stufi delle culture già confezionate, dei linguaggi e delle parole omologate, dei significati dozzinali lontani dal significato sostanziale? Esiste la possibilità di costruire una cultura e un linguaggio che possano essere definiti propri, che possano dare luce al senso proprio delle proprie parole? E’ bene sognare il giorno in cui questo per ciascuno possa accadere: sarebbe il giorno della liberazione dai vincoli e dalle catene del “cosiddetto sapere”.
137. Chi vive nella contemplazione non può che accedere alla verità.
138. Distogli lo sguardo da fuori, guardati dentro, là, come in uno specchio, puoi vedere chi sei tu veramente, chi veramente sono gli altri.
139. La solitudine è l’essere senza se stessi, è l’essere privi di se stessi, è il non sapere
chi si è.
140. Leggere nei sogni degli altri è un po’ come vedersi proiettati nei propri sogni.
141. Nella tua solitudine, se guardi bene, ci sei tu, annidato con il tuo essere intero. Non fingere di non vederlo, abbine cura invece.
142. Un modo per vivere con saggezza? Vedere sempre tridimensionalmente il proprio tempo: come se presente, passato e futuro fossero un unico, inscindibile, tempo.
143. Il compito dell’educazione è quello di aiutare l’individuo a scoprire se stesso e a formarsi come persona libera dai vincoli delle culture precotte e dei persuasori occulti. Sia, dunque, la scuola la bottega artigianale del proprio farsi.
144. L’uomo deve perdere ancora molto di ciò che è diventato per capire cosa di se stesso non ha mai a trovato.
145, La vita non è bella o brutta, giusta o ingiusta, come hanno voluto che credessimo, non è in questo esemplificativo schema del quale ci hanno reso prigionieri: la vita è, invece, in tutto ciò che di noi non ci hanno mai detto, in tutto ciò che di noi non sappiamo e, forse, non sapremo mai.
146. La cultura occidentale, soprattutto quella attuale, è fondata sulla paura dello straniero: dello straniero esterno a noi; dello straniero interno a noi. Siamo, dunque, stranieri perfino a noi stessi.
147. I poeti e gli scrittori, i pittori e gli scultori, i musicisti, non consentono al pensiero di attraversare solamente la loro mente; essi lo fermano, e, poi, lo trasformano in parole, in immagini, in note.
148. Il modo migliore per vivere bene? Trasformare in energia attiva, positiva e propositiva anche le proprie tragedie, soprattutto quelle.
149. Vuoi avere preveggenza del tuo futuro? Guarda bene nel tuo passato ma non dipenderne supinamente come fosse da un fato, inverti, invece, la tua rotta nel tuo presente, rinnova, dunque, la tua vita e rendila finalmente tua.
150. Vuoi imparare a conoscere gli altri? Svestiti prima di te stesso. Vuoi imparare a conoscere te stesso? Svestiti prima degli altri.
151. Il principio della Comunione? Scoprire la diversità di se stessi, la particola che si ha e che si è: il principio della comunione è la comunione con se stessi.
152. La vita non è che un film del quale, supini spettatori, si diventa solo a volte protagonisti.
153. Chi si lascia rapire dal bello muore nel ventre di ciò che è bello per essere rigenerato poi nuovo da quello stesso ventre.
154. Doppio è il modo del poter vedere di un poeta: egli si vede ma vede anche. La poesia, dunque, non è evocatrice solo di chi scrive – come spesso si è portati a credere – ma anche di chi legge.
155. I treni!! A volte li si vede apparire all'orizzonte con gioia, altre volte con tristezza, il tutto dipende dal lato verso il quale volge il suo muso la locomotiva.
156. Trattiamo le parole come trattiamo noi stessi: ne vediamo l’involucro, ce ne rimane sconosciuto il cuore.
157. Perché i poeti e gli scrittori scrivono? Forse perché è difficile trovare, nel contempo, chi li ascolti.
158. Siamo la risultante di un sapere intermediato, giochiamo a dire di noi stessi attraverso altri che hanno detto di se stessi: miti, testi sacri, poeti, scrittori, saggisti, filosofi, registi, musicisti, e chi più ne ha più ne metta. È come guardarsi allo specchio e vedere di se stessi solamente l’involucro.
159. E se, un bel giorno, ti imbarchi su un fatiscente gommone, in viaggio solitario nel mare procelloso “dell’altra conoscenza”, con prua verso la quarta via, rischi di venire considerato alla stregua di un profugo o di un barbone da chi si ciba di cultura “collettiva”.
160. In un’epoca in cui l’estetica è diventata puro “formalismo”, cura dell’involucro, si provi a guardare oltre, verso l’anima, nulla può farle da pari: la sua è una quieta invisibile presenza, parla nel silenzio, di silenzio e con il silenzio.
161. Non so bene se sia un paradosso questo, ma potrebbe assomigliargli: Se dobbiamo analizzare noi stessi finiamo per vederci attraverso gli altri; se dobbiamo analizzare gli altri finiamo per vederli attraverso noi stessi. Nell’uno o nell’altro caso orbo è il nostro vedere perché falsa è la prospettiva.
162. Spesso, se non sempre, il critico, o l’occasionale visitatore, che giudica un’opera d’arte (letteraria, pittorica, architettonica, musicale) finisce per comporne un’altra, opacizzando o, addirittura, oscurando il senso stesso dell’originale.
163. Una volta, anche per copiare bisognava fare una gran fatica, si faceva tutto a mano, si aveva contatto con ogni singola parola, la si accarezzava quasi, ci voleva tempo, un tempo di assimilazione, e, in qualche modo, la mente si alimentava; oggi bastano due click, uno per copia e l’altro per incolla, una infinitesima frazione di secondo, e nella mente rimane molto poco, spesso niente.
164. Nella relazione dell’uomo con l’Ente-Supremo, spesso, viene a mancare la relazione dell’uomo con se stesso, riducendo il rapporto con l’Ente-Supremo a pura forma o, se si preferisce, a puro culto esteriore, come dire che nella visione di Dio viene a mancare la visione di sé.
165. L’uomo non viene dal nulla e al nulla fa ritorno. Egli era stato già vivo prima ancora di nascere, viene dalla materia vivente, dalla materia-pensante, dalla materia-madre, dalla materia-spirito-persona: è la materia il vero pensiero dell’universo, alla materia l’uomo lega la genesi della sapienza di sé e il suo ultimo destino, la sua eternità.
166. Meglio cimentarsi in qualcosa che sia frutto del proprio pensiero: si godrebbe della sensazione di essere autori di se stessi; ci si sentirebbe meno condizionati, meno clonati o clonabili, più liberi da precotte culture e presunto sapere.
167. Nella definizione dei diritti civili, si abbia occhio attento per i “diritti naturali” di ciascuno individuo: il riconoscimento dell’identità di genere, anche di quella soggettivamente percepita; il colore della pelle, il cibo, la casa, il lavoro, la libertà di essere tale e quale si è.
168. Quando, poi, si suol dire: “L’inerte materia”. Essa è l’intelligenza suprema, quella prima della quale, e dopo la quale, nulla è. L’uomo stesso è una delle sue mille variabili.
169. Nulla altro puoi essere se non “Sei”: appariresti improprio qualunque cosa fossi.
170. Quello che si vorrebbe comunicare a voce a una “umanità disattenta” lo si affidi a “pagine attente”. Sarà, poi, il tempo, con il suo insindacabile giudizio, a direzionare il destino dell’una come dell’altra cosa.
171. La vera bellezza è la “saggezza”, figlia prediletta della “conoscenza”, essa si la madre di ogni cosa bella. Caravaggio, Baudelaire, Van Gogh, furono dei perversi? Nulla di bello, invece, avrebbero potuto produrre se non fossero stati figli autentici della conoscenza. La saggezza è, spesso, difforme dalle regole e dai modelli convenzionali. Saggia, pertanto, non fu la società che, in vita, ne condannò i comportamenti, la stessa società che ne celebrò poi con ostentazione le polveri e se ne divise, infine, con ingordo cinismo i proventi.
172. Togliere la polvere a “certi oggetti”, una foto ad esempio, è un po’ come rubarne il fiato del tempo.
173. Basterebbe anche un solo attimo di consapevolezza, nei giorni ignavi della propria vita, per accedere al luogo dell’eterna conoscenza.
174. Il poeta è colui che vede vive le cose, vede l’anima del tutto che gli è intorno, se ne mette in ascolto, ne coglie i profondi respiri e li traduce in parole.
175. La poesia è la fabbrica della “Parola autentica”, della Parola còlta nella sua stessa radice; il poeta ne è l’imprenditore.
176. La vera, grande, unica, sovrana dell'universo è la “Parola". Solo a lei è concesso di sventrare e svelare, la "maschera delle parole": anemiche, vuote, troppe, tante, infide. Buon anno a tutti.
177. Dio? È in ciò che di meglio l’uomo e la storia, nella loro perenne evoluzione, riescono a cogliere e poi a raccogliere dello spirito di se stessi.
178. Chi sono Io? Se te lo chiedi stai iniziando il tuo cammino verso la conoscenza: è in te il “principio” di cui vale la pena prendere coscienza. Il resto è “nozione” o è “formale sapere”.
179. Cosa accade quando ti aspetti qualcosa da qualcuno che poi la cosa non fa? Vivila così la situazione: una ghiotta occasione per imparare a fare da solo.
180. La vera irreligiosità non risiede nel “non credere” in un Dio o in fenomenologie di carattere religioso ed esoterico, ma nella rinuncia al cammino che ogni uomo potrebbe compiere verso la conoscenza di sé: l’uomo che non si conosce è slegato da se stesso, vale a dire “re-ligatus non est”.
181. Se non sai chi sei tu, non provare mai a dire chi sono io o chi sono gli altri o chi è Dio, neppure delle cose che hai intorno sei abilitato a poter dire alcuna cosa: il tutto altro non sarebbe che un falso riflesso di te stesso.
182. Se l’artista non vede l’anima sua in tutta la sua trasparenza, la bellezza che produce è meccanica clonazione di altri io suoi che governano e sgovernano il suo spirito: l’arte sua è semplice visione soggettiva dell’essere del bello, è manchevole dell’ afflato oggettivo che la renderebbe sublime.
183. Ci sono tante parole che sono evocatrici di "silenzio profondo", come ci sono tanti silenzi che sono evocatori di "assordanti rumori": il tutto, allora, dipende dalla “qualità della parola” come dalla “qualità del silenzio”.
184. La noia non è mai causa di se stessa: essa è veicolata dall’altrui silenzio, dal generico chiacchiericcio, dalla folla che nulla sa e nulla dice. Coinvolgente e loquace, invece, è la propria solitudine.
185. Per poter capire l’essere di un altro, bisogna, a sua volta, essere: tra un “chi è” e un “chi non è” la distanza è abissale.
186. La solitudine? Quando la “compagnia” che hai intorno ti fa mancare il respiro di te stesso.
187. Il mare profondo della conoscenza e della sapienza è il più grande e il più bello dei mari, ma va raggiunto, svelato e, poi, rivelato. Quel mare profondo, più profondo dell’universo stellare, è il luogo del battesimo della rinascita, ma pochissimi lo sanno, cercano altrove, per questo non trovano mai nulla o trovano il contrario di quello che cercano.
188. Se hai l’aspirazione a sapere “chi sei tu e a essere come sei, capirai e comprenderai che l’altro abbia l’aspirazione a sapere “chi è lui” e a essere quale è.
189. Quando lo spirito nell’anima è più leggero di quanto la materia del corpo pesi, tutto appare possibile.
190. Solo dopo esserti detto chi sei tu, potrai provare a capire chi sono io, chi sono gli altri.
191. Vi lascio liberi, se mi lasciate libero: la mia libertà è anche la vostra libertà.
192. il giorno in cui avrai imparato a parlare di te non attraverso gli altri, avrai anche imparato a capire chi sei.
193. Se si pensasse a cercare di se stessi quello che di se stessi manca, invece di confrontarsi con quello che gli altri hanno, ciascuno relazionerebbe meglio con se stesso, con gli altri e con tutto quanto intorno è.
194. Chiunque dell’opera di un altro, di un qualunque tipo di opera, affermi che quell’opera non gli piace, dovrebbe prima chiedere a se stesso se egli ne sarebbe stato capace e se fosse in possesso dei prerequisiti necessari per potere giudicare.
195. La propria “solitudine” non bisognerebbe mai nasconderla, sarebbe opportuno, invece, mostrarla con grande orgoglio agli altri, potrebbe essere per loro l’indicazione di un grande sentiero di vita: essa è generatrice di magnetica fascinazione.
196. Se non sei un personaggio televisivo (un politico, un giornalista, un opinionista, un conduttore, un attore, un cantante, uno sportivo) sei destinato a essere ignorato dai grandi editori anche se tu scrivessi oro colato: per il mercato non è importante ciò che crei ma quanto sono noti il tuo nome e, soprattutto, il tuo volto.
197. Non c’è stato momento della vita che il mio pensiero non abbia pensato, ogni pensiero è stato sempre la visione di un sogno realizzato. In cima a ognuno di quei pensieri? Il sogno più ardimentoso, quello più estremo, la sfida alla difficoltà di essere: la visione di me.
198. Coloro che non si lamentano mai dei disservizi pubblici relativi alla nettezza urbana sono gli stessi che lo sporco lo tolgono dalle loro case e lo trasferiscono davanti alle case degli altri.
199. Chi misura sugli altri e sulle cose il destino proprio è orbo di se stesso.
200. E, quando il tempo avrà esaurito se stesso, si ritornerà a essere soffio di vento fra le stelle.
201. Se ci fosse tanta conoscenza nelle persone per quanta cultura hanno, o presumono di avere, l’uomo e il mondo sarebbero già l’eternità di loro stessi.
202. Si cerca se stessi nei modi più impensati, nei posti più impensati, meno che in se stessi, ove ciascuno di noi risiede.
203. Chi snobba sempre ciò che provi a dire e che non dice mai niente di sé merita solo il tuo silenzio. Intanto, tu ascoltati.
204. Se stella vedi davanti ai tuoi occhi, sia quella immaginata dalla tua anima e dipinta con le tue stesse mani.
205. Fino ai sei anni sei stato plasmato dalla famiglia, fino ai diciotto dalla scuola e dalla Chiesa, per il seguito dai modelli di comportamento sociale dominanti. Verrà il momento in cui imparerai a conoscerti da solo e a prendere in mano le redini della tua vita?
206. Non credere al primo, o alla prima che incontri, non credere in nessuna cosa, se non hai incontrato prima te stesso.
207. Non puoi vedere la bellezza in nessuno, o in nessun’altra cosa, se la stessa non ha residenza in te stesso.
208. Lo scrittore autentico, non meno del poeta autentico, mentre scrive, si legge più che leggere.
209. Tenti di parlare agli “altri” ma non hanno tempo o voglia di ascolto; scrivi quello che avresti voluto dire, ma non leggono. Intanto, non tutti i mali vengono per nuocere, hai parlato a te stesso.
210. Sono molti a credere che l’inizio di un tuo discorso sia anche la sua conclusione: concluderanno, dunque, che un asino ha imparato a volare, mentre volevi intendere che il sole nell’universo si sta per oscurare sulla vita.
211. Quelli che, a volte, ti snobbano nell’ascolto sono coloro ai quali dedichi di più il tuo ascolto.
212. I cosiddetti “simpatici” o “socievoli”, che si divertono a elaborare ciniche battute sugli altri, ferendone, spesso, lo spirito, sono gli stessi che diventano “ferini” quando ne diventano i destinatari.
213. Ci hanno insegnato tante cose e a credere in tante cose (soggetti, oggetti, concetti, divinità polimorfe, antropomorfe, amorfe), hanno evitato ad arte di insegnarci noi stessi e a credere in noi stessi: molti sono coloro che sanno tutto, raro è trovare chi sa chi è “lui”.
214. A proposito dell’uso e dell’ abuso dell’inglese nella politica nazionale, sarebbe il caso di dire: “Ci avete tolto la lira, non ci togliete anche la lingua”.
215. Ma quale idea saggia è a fondamento dell’attuale concetto di Europa? Partire, forse, dai primi per arrivare agli ultimi? Sarebbe meglio il contrario, credo, come la didattica autentica insegna.
216. Tra un viaggio nel web e uno sguardo al cellulare sempre più labili si fanno i confini tra informazione e sapere, tra cultura e conoscenza: sempre virtuale la vita, sempre più lontano il luogo della saggezza.
217. Tutti credono di sapere, pochissimi sono quelli che sanno perché “si sanno”, perché hanno la “co-scienza”, vale a dire la “scienza di sé”.
218. Il sapere vero, vale a dire la conoscenza, non è mai un “oltre” ma un “prima e qui”, non arriva da fuori ma da dentro.
219. La velocità, se non è unita alla qualità del moto, è staticità.
220. Il TAV: quanto se ne straparla! Ci si dimentica, però, che Matera non è ancora raggiungibile in treno e che moltissime linee ferroviarie regionali sono fatiscenti.
221. Alla deriva nel mare tempestoso della vita, ci portiamo dietro, spesso, corpi senza anima.
222. Non so quanto si possa parlare ancora di normalità in questo mondo “normale”.
223. Se ciascuno, a cominciare da chi scrive, imparasse a giudicare più le manchevolezze proprie che quelle altrui, più gli errori del presente che del passato, l’uomo, il mondo e il cosmo avrebbero tanta vita in più.
224. Una volta la mafia reclutava la politica mettendola al suo servizio; oggi la politica recluta la mafia e la mette al suo servizio. Quale fra le due è più mafia?
225. Fai in modo che non resti di te il ricordo di un corpo che muore, ma di un’anima che vive.
226. Siano le tue parole trasparenti per te stesso, se vuoi che lo siano per gli altri.
227. Si abbia un occhio sempre rivolto alla propria diversità, la si alimenti con cura, la si comunichi, poi, per quale è: essa è “unicità”.
228. Gli errori di “forma” sono molto meno importanti di quanto importante è ciò che si veicola nella “comunicazione”: l’errore non può uccidere né redimere, il messaggio lo può fare.
229. Il revisionismo liberistico dei nostri giorni, lo chiamano centralismo democratico – mostruoso miscuglio di destra, sinistra e centro – in realtà dittatura della grande finanza, sta rimettendo nelle tasche dei ricchi i beni conquistati dai poveri con epiche lotte sociali.
230. Sono le paure di noi che ci fanno avere paura degli altri, vale a dire che nulla avviene fuori di noi, tutto avviene dentro.
231. Quando capii che vivere con gli altri significava “dover vivere secondo loro”, io mi ricavai un piccolo spazio, e cominciai a “vivere secondo me”, ma… pensando a loro.
232. Gli spettri? Nulla hanno a che fare con i morti, essi sono, invece, la concezione visionaria della vita che hanno i vivi, sono la radiografia di se stessi.
233. I cosiddetti matti, quasi sempre innocui, comunque innocenti, reclusi nelle cosiddette case di cura, una volta dette manicomio; i criminali, gli assassini, gli stupratori, i collusi, gli evasori incalliti, i politici corrotti, fuori per immunità parlamentare, per amnistia, per condono e sconto di pena dovuto a rito abbreviato e presunta buona condotta. Mi chiedo: «Quali sono i veri matti?».
234. Siamo davvero veri nella comunicazione virtuale? Lo siamo nel modo in cui virtuali lo siamo già con noi stessi, vale a dire ignari di noi stessi.
235. Si chiede ai musulmani di pregare e predicare in italiano nelle nostre moschee, ma le messe, fino a epoca recente, si celebravano in latino, la politica, intanto, si esprime sempre di più in inglese. E, riferito, soprattutto, a quest’ultima: “Per farsi capire di meno?”.
236. A ognuno di noi è stato affidato un pezzetto finito di “tempo fisico” perché il nostro “tempo psichico” potesse trovare il suo infinito compimento.
237. Quando l’uomo non sa più come giustificare l’insensatezza delle sue azioni, affida le sue “irresponsabilità” a una religione, a un Dio o a più divinità.
238. L’altrui libertà vale quanto la mia, ma, se sono inconciliabili, meglio farle esplodere di vita nelle rispettive solitudini.
239. Saggio è lasciarsi liberi di parlare, quando il cuore e la mente lo dicono, ma è anche saggio lasciarsi reciprocamente liberi di interpretare.
240. Io sia, ma gli altri siano come è nel loro stesso volere che sia.
241. Nel corso di una conversazione, il silenzio non “dice”, “nasconde”.
242. C’era più “conoscenza” quando c’era meno “cultura (!?)”: c’era più semplicità; c’era più identità individuale, familiare e del villaggio; c’era meno velocità; c’era più tempo; c’erano più equilibrio e sintonia con il creato, c'era più armonia tra uomo e natura.
243. La scuola, invece che sterile strumento clonante dati informativi, sia laboratorio del “nuovo”, sia guida, silenziosa e discreta, verso la ricerca dell’essenza di ciascun individuo, sia essa meno misurativa di quanto si sa e più di quanto si è.
244. Tanto è il tempo che dedichiamo per la conoscenza di date ed eventi, di santi ed eroi, di poeti, scrittori e filosofi, di dio e divinità varie, che alla fine scopriamo di non sapere nulla di noi stessi.
245. Se non c’è eleganza non c’è bellezza, ma l’eleganza non è nell’abito, è nello spirito.
246. E’ la terra-madre che ci presta, un giorno, al grembo di un’altra madre; premurosa, ci riaccoglie un altro giorno, nel suo primitivo grembo.
247. Non c’è ignorante peggiore di colui che pensa di avere acquisito la “conoscenza” perché possiede la “cultura”. Se fosse come lui crede, il mondo oggi sarebbe un paradiso in Terra.
248. A Gesù non sarebbe certo piaciuto sapere di essere diventato segno di divisione, per essere stato “ricrocifisso” in una “icona” attaccata alle pareti; gli sarebbe piaciuto, invece, che la stessa “icona” fosse stata impressa in modo indelebile nei cuori di ogni persona.
249. In un’epoca in cui pensiamo di potere trovare, con un solo click, tutto, non riusciamo a trovare noi stessi.
250. Nulla è più concreto dei ricordi, essi sono l'eternità della vita: navigano il tempo e continuano a raccontare di se stessi.
251. Gli emigranti? Li definiamo extracomunitari quasi fossero extraterrestri, disturbatori, invasori!! Eppure, per secoli, noi, popoli cosiddetti civili, li abbiamo colonizzati, resi schiavi, venduti sui mercati, decimati, defraudati delle loro risorse, delle loro culture, delle loro tradizioni, delle loro speranze nella vita. E… ancora lo facciamo, mascherati da eroi di “guerre umanitarie.
252. In assenza della “parola” il mondo e l’uomo sarebbero privi della memoria: vagherebbero indistinti e smarriti, inconsapevoli di se stessi, ignari del loro tempo.
253. Il sistema programmatico della scuola italiana? Tutto rievocativo e poco, o per nulla, creativo. Il modello di scuola autentica? La bottega artigianale.
254. Che strani gli italiani! Si lamentano tanto del mancato rispetto da parte degli immigrati delle loro sacre tradizioni, e non si accorgono che essi stessi stanno perdendo il contatto con le radici della loro stessa lingua, sempre più contaminata di inglese.
255. I docenti e i genitori, i sacerdoti e gli educatori, non si diano come compito quello di “in-segnare”, si diano, invece, il compito di “organizzare” i processi di auto-apprendimento e di crescita dei soggetti loro affidati.
256. La più grande compagna dei miei giorni? La bicicletta, amica fedele, armonicamente silenziosa, accogliente, paziente.
257. La solitudine vera non è uno stato fisico, è uno stato mentale, è la riconciliazione con se stessi e con il tutto. Per raggiungere tale stato necessita tanto e tanto lavoro.
258. Per poter vivere tutti, con-dividere tra tutti: meno lavoro per ciascuno, più lavoro per tutti; meno consumi di ciascuno, più consumo di tutti; meno mercato di ciascuno, più mercato di tutti; meno benessere di ciascuno, più benessere di tutti.
259. Troppi sono i politici parlanti, pochi quelli pensanti e agenti.
260. Il migliore modo per parlare a tutti? Parlare a ciascuno.
261. Il silenzio non è un valore assoluto se non si intende quale è la parte sana del silenzio: il tacere per nascondere non è “il silenzio”, è assordante rumore.
262. Un pregiudizio culturale all’italiana? La frase snobistica, ancora oggi recitata con aristocratica enfasi: “Ai tempi del liceo…!”. Mai sentito dire: “Ai tempi della ragioneria…, etc.!”.
263. Raramente la valutazione scolastica premia le competenze manuali, quasi sempre, invece, quelle nozionistiche scambiate per “conoscenza assoluta”.
264. Nella scuola il riposo non sia mai un abbandono supino, una rinuncia al tempo di crescere, ma una variabile creativa rispetto alle comuni attività: sia esso un fiato di libertà, un respiro profondo, un abbraccio a se stessi.
265. La sofferenza produce solitudine, se la solitudine, invece che in ripiegamento, si traduce in pensiero, si trasforma nel libro della scienza e della coscienza di sé, si sublima nel desiderio profondo di essersi compagno per sempre.
266. Non basta sapere quanto di Dio c’è in te. Chiediti, allora, per sapere veramente chi sei: «Quanto di me c’è nel Dio in cui credo?».
267. Se credi di sapere chi è Dio, ma non sai chi sei tu, non è vera fede la tua.
268. E’ fallace il detto “Se non sai non sei”; veritiero, invece, quello che afferma “Se non sei non sai”.
269. La TV sembra essere diventata la succursale della Caritas: una solerte ancella del mercato dell’industria della “cosiddetta, o presunta, solidarietà sociale”.
270. Una volta i due che si parlavano si guardavano negli occhi, oggi mentre uno dei due parla l’altro è perso nel cellulare, si suole dire che navighi.
271. Se nulla da fuori ti viene, riempi il vuoto di te.
272. Sarà una foto, dunque, il mezzo per cui il tempo conserverà un ricordo di te?
273. La sapienza umana, sia pure riposta in pochi, è molto più potente della insensatezza umana, riposta in molti.
274. Non sprecarla la tua vita, cogline il respiro profondo prima di sciogliere le vele del destino che le appartiene.
275. Esiste ancora, oggi, la possibilità per potere “essere diversi” in un sistema socio-politico, economico e culturale bloccato, sempre simile a se stesso in qualunque sua variabile? Sì, standone fuori.
276. A chi non dice…, non dire.
277. A volte onestà e ingenuità camminano insieme? No, l'onestà vera è più forte di ogni ingenuità, è più forte di ogni cosa, l'onestà è "la più ampia delle visioni": l'onestà coincide sia con la sapienza che con la saggezza, certo non con l'ingenuità.
278. C’è una enorme diversità tra la democrazia diretta reale e quella virtuale. In quella virtuale gli interlocutori hanno davanti uno schermo, l’uno non vede gli occhi dell’altro, e gli occhi, spesso, comunicano più delle parole.
279. Vivere in solitudine per propria scelta è dignitoso, sentirsi soli tra gli altri, invece, dignitoso non è.
280. Non fate l’errore di non chiedere ai vecchi quello che, oggi, vi potrebbero ancora dire. Domani non lo potranno più fare.
281. Internet? Un contenitore vuoto che in tutti produce la sensazione di un apprendimento veloce,
quindi l'illusione di "sapere", ma, i più, nulla, o poco, sanno, e quello che sanno è un sapere volatile.
Il sapere è, prima di tutto, sapersi; è elaborazione lenta e faticosa della propria "irripetibile" identità.
282. L’esercizio della sessualità è come quello del pittore di fronte alla tela bianca: se il pennello non produce pensiero neppure la colora.
283. Gli Smartphone e i Social Network sono la vera bomba nucleare del nostro Tempo, sono la vita ridottasi a “vita virtuale”: l’implosione dello spirito prima, poi l'esplosione di tutto.
284. Il più grande “filosofo” di ogni tempo? Gesù di Nazareth: Egli ha unito il cielo alla terra e viceversa, ponendo nell’uomo consapevole la loro estrema sintesi.
285. Nell’epoca in cui dominante è il modello di “vita virtuale”, l’uomo esiste non perché “egli sia”, ma perché “egli dipenda”, perché, a ritmi da record, attaccato alla catena di montaggio dei social network, “egli macini e rimacini copia/incolla”, perché “egli consumi informazioni”, perché, consumando-consumando, lentamente, inesorabilmente, “egli si consumi”, tanto da diventare egli stesso un oggetto da copia/incolla, ridotto qual è “allo stato larvale” di se stesso.
286. La bellezza si presenta vestita di tanti modi diversi, più di mille sono i suoi volti: risiede in questo il suo misterioso fascino, la sua irraggiungibilità. Solo chi sa ben distinguere coglie, accoglie e, infine, raccoglie.
AFORISMI INEDITI
287. La poesia ti viene dettata dall’anima, gli aforismi ti vengono suggeriti dal mondo: nel primo caso gli occhi guardano dentro; nel secondo caso gli occhi inquadrano il fuori".
288. La vittoria più grande su se stessi? Sapere di essere, a volte, bersaglio dell’altrui invidia, ma sapere, nel contempo, di essere più forti di quella stessa invidia.
289. Lo scrittore che scrive della vita, consente alla vita - anche alla sua vita - quando essa, poi, avrà modo di leggersi, di capire meglio se stessa, o di scoprirsi, addirittura, per la prima volta, quasi non fosse esistita quella di prima.
290. La politica? È ciò che il cittadino è, è ciò che il cittadino vota. Se, poi, è cattiva politica, è solo una logica conseguenza.
293. Nessuna persona o cosa, per quanto definibile sublime o ammaliante o sofisticata o intrigante o potente, potrà mai separare l'individuo forte da se stesso, perché egli il sublime, e ogni altra cosa, li ha dentro.
294. Grandi sono le responsabilità affidate alla conoscenza e alla scienza: la vita eterna di tutto quanto esiste, o la morte eterna.
295. Ci sono individui che si muovono sempre o sopra le righe o sotto le righe, non sono mai nelle righe: si esaltano, a volte; altre volte si deprimono. Insomma, essi non sono mai nel proprio centro.
296. L’andare “più avanti” non richiede all'individuo un cammino orizzontale verso qualunque direzione; richiede, invece, un cammino verticale, richiede un sapere viaggiare verso se stesso, in direzione del suo deserto interiore, residenza della sua anima, segno della sua irripetibile identità.
297. La stima, che si ha di te, può mai sostituire l’affetto altrui che su di te non senti? E se, poi, dovesse mancare anche la stima? Non temere, amati e stimati da solo, rivolgi con serenità lo sguardo dentro, vediti nella “maniera” e nella “miniera” che sei, regalati, infine, molto di più di quello che da fuori non ti viene.
298. Finché si continuerà ad attribuire le colpe delle irresponsabilità proprie alle altrui irresponsabilità, responsabili non lo si sarà mai.
299. So tanto e tanto di me, come tu di te. Insieme sommiamo tanta conoscenza. Ma io e te cosa sappiamo del dopo di noi? Nell’incrocio di questo esistenziale enigma sorge la necessità dell’avere il conforto di una fede.
300. Tutto il rispetto per il passato, ma continuare a mascherarsi dietro le parole dette o scritte da “altri” è diventato il gioco a nascondino dell’era “virtuale”: una specie di ossessiva catena di S. Antonio di copia / incolla.
301. Se tu con te stesso non ci sei, tutto quello che vedi è con gli occhi di un altro.
302. La solitudine diventa un peso ingombrante solo quando la subisci, quando ne sei vittima, non quando la scegli come compagna di vita.
303. Quelli che sanno stare bene con gli altri? Gli stessi che, prima, sanno stare bene con se stessi.
304. Tutti di corsa verso il web, tutti in fuga da se stessi: una gara virtuale per sapere, infine, chi non si è.
305. Il poeta? È colui che è capace di tradurre il linguaggio della natura e di tutti gli esseri viventi, compreso le apparenti, inerti, pietre, in suoni armonici fatti di parole.
306. Un partito, qualunque partito, privo dell’essere di un pensiero – come furono un tempo i partiti – è nulla, e il nulla produce il nulla.