A proposito di vita e di morte, se ne è parlato tanto in questi giorni e spesso a sproposito. Eluana ora è viva, non lo è stata mai tanto, è libera, volteggia su di noi, interroga le nostre vite e le nostre coscienze, ci induce a riflettere, ci invita a risorgere dalla morte immersi come siamo in una vita che è meno di una gabbia.
Si parla della vita e si produce la morte, si parla della pace e si induce alla violenza. Emblematiche quanto mai sono apparse in Italia e nel mondo le immagini del nostro Parlamento litigioso, mentre era appena stata annunciata la morte (o la resurrezione?) di Eluana. Ma noi, forse, non sappiamo più
distinguere tra "vita" e "morte", non c'è più linea di confine fra esse, le due cose appaiono molto confuse tra di loro. Mi chiedo con sempre maggiore insistenza, non avendo molte occasioni di poterlo chiedere agli altri: "In una coscienza morta, può esistere un uomo vivo?". Intanto il mondo continua a perpetuare immagini della morte dell'uomo, del declino di una civiltà che farebbe bene a riflettere su se stessa.
Accade che "l'essenza di un uomo muoia mentre la sua personalità ed il suo corpo rimangono vivi. Una considerevole percentuale delle persone che vediamo nelle strade di una grande città sono interiormente vuote; in realtà, esse sono già morte. Per nostra fortuna non vediamo tutto questo e non ne sappiamo nulla. Se sapessimo quanti uomini sono già morti e quanto numerosi sono questi cadaveri che governano le nostre vite, lo spettacolo di questo orrore ci farebbe perdere la ragione. Infatti, molti uomini sono impazziti perchè hanno intravisto questa realtà senza una preparazione sufficiente; essi hanno visto ciò che non dovevano vedere. Per essere in grado di affrontare senza pericoli questa visione, bisogna essere sulla via. Se un uomo che non può fare nulla vedesse la verità, certamente diverrebbe pazzo. Ma questo accade molto raramente nello svolgersi normale delle cose, tutto è sistemato in modo tale che nessuno può vedere qualcosa prematuramente. La personalità ama solo ciò che ama vedere e che non è in contrasto con la sua esperienza. Essa non vede mai ciò che non le piace. Questo è allo stesso tempo bene e male. E' un bene per l'uomo che vuol dormire, è un male per l'uomo che vuole svegliarsi" (1). Gurdjieff, nel frammento su citato, dice "via" e intende il cammino dell'uomo verso la quarta dimensione, verso la sua dimensione, verso la dimensione della sua stessa "essenza", verso l'illustre
sconosciuta.
Non sempre la personalità coincide con la coscienza della propria identità, non sempre la vita coincide con la vita e con la verità, a volte bisogna imparare a morire per imparare a vedere, a crescere, a capire. Svegliarsi dalla morte della "personalità", svegliarsi dalla propria "tomba" - cioè dal modo comune di essere, dal modo in cui siamo stati fatti più che esserci fatti - può aiutarci a risorgere alla vita della "co-scienza", della vera coscienza, voglio intendere della "scienza di sè", quella cosa alla quale da sempre siamo stati poco o per nulla addestrati.
Infine, chi ha già assassinato se stesso, privandosi di una identità di sè che gli appartiene, avendo già svenduto la propria vita sul mercato dei modelli dominanti, non ha alcun diritto di gridare ad un altro che è un assassino. Ma questo quotidianamente accade e, in queste ultime ore, nella sede sovrana del Parlamento della Repubblica italiana.
Si parla della vita e si produce la morte, si parla della pace e si induce alla violenza. Emblematiche quanto mai sono apparse in Italia e nel mondo le immagini del nostro Parlamento litigioso, mentre era appena stata annunciata la morte (o la resurrezione?) di Eluana. Ma noi, forse, non sappiamo più
distinguere tra "vita" e "morte", non c'è più linea di confine fra esse, le due cose appaiono molto confuse tra di loro. Mi chiedo con sempre maggiore insistenza, non avendo molte occasioni di poterlo chiedere agli altri: "In una coscienza morta, può esistere un uomo vivo?". Intanto il mondo continua a perpetuare immagini della morte dell'uomo, del declino di una civiltà che farebbe bene a riflettere su se stessa.
Accade che "l'essenza di un uomo muoia mentre la sua personalità ed il suo corpo rimangono vivi. Una considerevole percentuale delle persone che vediamo nelle strade di una grande città sono interiormente vuote; in realtà, esse sono già morte. Per nostra fortuna non vediamo tutto questo e non ne sappiamo nulla. Se sapessimo quanti uomini sono già morti e quanto numerosi sono questi cadaveri che governano le nostre vite, lo spettacolo di questo orrore ci farebbe perdere la ragione. Infatti, molti uomini sono impazziti perchè hanno intravisto questa realtà senza una preparazione sufficiente; essi hanno visto ciò che non dovevano vedere. Per essere in grado di affrontare senza pericoli questa visione, bisogna essere sulla via. Se un uomo che non può fare nulla vedesse la verità, certamente diverrebbe pazzo. Ma questo accade molto raramente nello svolgersi normale delle cose, tutto è sistemato in modo tale che nessuno può vedere qualcosa prematuramente. La personalità ama solo ciò che ama vedere e che non è in contrasto con la sua esperienza. Essa non vede mai ciò che non le piace. Questo è allo stesso tempo bene e male. E' un bene per l'uomo che vuol dormire, è un male per l'uomo che vuole svegliarsi" (1). Gurdjieff, nel frammento su citato, dice "via" e intende il cammino dell'uomo verso la quarta dimensione, verso la sua dimensione, verso la dimensione della sua stessa "essenza", verso l'illustre
sconosciuta.
Non sempre la personalità coincide con la coscienza della propria identità, non sempre la vita coincide con la vita e con la verità, a volte bisogna imparare a morire per imparare a vedere, a crescere, a capire. Svegliarsi dalla morte della "personalità", svegliarsi dalla propria "tomba" - cioè dal modo comune di essere, dal modo in cui siamo stati fatti più che esserci fatti - può aiutarci a risorgere alla vita della "co-scienza", della vera coscienza, voglio intendere della "scienza di sè", quella cosa alla quale da sempre siamo stati poco o per nulla addestrati.
Infine, chi ha già assassinato se stesso, privandosi di una identità di sè che gli appartiene, avendo già svenduto la propria vita sul mercato dei modelli dominanti, non ha alcun diritto di gridare ad un altro che è un assassino. Ma questo quotidianamente accade e, in queste ultime ore, nella sede sovrana del Parlamento della Repubblica italiana.
Nota:
P.D. Ouspenski, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Astrolabio
1976, p. 183.
P.D. Ouspenski, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Astrolabio
1976, p. 183.