George Ivanovic Gurdjieff, di origine greca ma di adozione armena, nasce a Alexandropol nel 1872 e muore a Neully nel 1949. Di cultura eclettica e di ampio respiro è, nel contempo, filosofo, psicologo, scrittore, maestro di danze, viaggiatore instancabile, attento osservatore di usi e costumi dei popoli.
Il suo nome, che comincia ad essere sempre più conosciuto e diffuso anche nel mondo occidentale, è legato alla fondazione dell’Istituto per lo Sviluppo Armonico dell’Uomo, una vera e propria scuola atta a risvegliare la persona dallo stato di “veglia apparente”.
Il suo pensiero è pervenuto a noi non solo attraverso la sua opera ed i suoi scritti ma anche tramite la sistematica divulgazione e l’approfondimento che ne hanno fatto, nel tempo, i suoi discepoli diventati, a loro volta, celebri e fra questi P.D. Ouspenski (Frammenti di un insegnamento sconosciuto), Maurice Nicoll (L’uomo nuovo. Interpretazione di alcune parabole e di alcuni miracoli di Cristo) e J.G. Bennett (Il divino sessuale).
In conseguenza della crisi culturale e dei valori, che sta coinvolgendo sempre di più la cultura del mondo occidentale, sta crescendo il numero delle persone che, a livello individuale, di gruppo o di scuola, fa riferimento al pensiero di questo genio altamente profetico dell’umanità. A lui si sono ispirati o si ispirano, anche attraverso le loro opere, protagonisti come l’architetto statunitense Frank Lloyd Wright, la scrittrice Pamela Lyndon autrice di Mary Poppins, lo scrittore francese Renè Dumal. Il regista inglese Peter Brook, il cantautore italiano Franco Battiato, ma anche altri che sarebbe veramente lungo elencare.
Il suo vastissimo corredo di conoscenze include, in una intelligente ed armoniosa sintesi, vari pensieri religiosi con un riferimento speciale alla filosofia del cristianesimo, in quanto cultura predominante nel mondo. L’avvicinamento al suo pensiero richiede gradualità, attenzione e per alcuni aspetti, dovuta precauzione, in quanto la sua scrittura e le sue concezioni, a un primo approccio, sembrano essere molto distanti dal comune sentire morale, civile e religioso tipico delle culture occidentali. Egli, per la verità, non nega né afferma, semplicemente sollecita l’io, suggerendo ad ogni essere esistente il bisogno di ritrovare le vie smarrite della coscienza, per dare un senso nuovo a quello che egli stesso è, a quello che egli stesso fa, a quello in cui egli stesso crede di credere, a quello per cui egli stesso agisce ed opera.
Secondo Gurdjieff l’uomo vive la maggior parte della sua esistenza nel sonno e nel sogno, in conseguenza del plagio culturale, che subisce sin dalla nascita, che rende puramente meccanico il suo agire. Il superamento della sua condizione di subalternità culturale, per raggiungere un superiore livello di consapevolezza di sé, può avvenire solamente attraverso un duro lavoro su se stessi. La condizione preliminare per tale lavoro risulta essere il desiderio personale di impegno per diventare un uomo differente, un uomo cioè capace di superare il suo stato iniziale di essere macchina, di fare, quindi, in prima persona, al fine di imparare a riconoscere la propria individualità nell’unità e di identificare un proprio “Io permanente” controllato da una coscienza consapevole e dalla volontà di agire. Ma la coscienza di essere richiede il superamento dello stato di coscienza relativa attraverso una prima percezione della coscienza di sé per potere poi raggiungere la coscienza oggettiva nella visione dell’intera verità su ogni cosa. In questo percorso la psicologia, applicata a se stessi, può essere di grande aiuto nel capire lo stato di menzogna nel quale ci troviamo rispetto a noi stessi prima ancora che rispetto agli altri e al tutto. Lo stato di menzogna, coincide con lo stato di sonno o di veglia apparente, che, mentre impedisce la percezione precisa tra ciò che è reale e ciò che è solamente immaginario nell’uomo, produce la falsa sensazione di trovarsi di fronte alla verità, tanto che si finisce per mentire a se stessi senza neppure averne la coscienza, dando, in tal modo, luogo ad una falsità relazionale tra Essenza e Personalità, mediate da una sequela infinita di impressioni prodotte da influenze o, come anche si potrebbe dire, da “falsi io” che impediscono all’io vero di venire alla luce, di nascere cioè (1). Gli uomini di oggi possono essere contenuti in sette grandi categorie, a loro volta suddivise in quelle dell’uomo ordinario e quello dell’uomo superiore.
La categoria dell’uomo ordinario include:
• l’uomo fisico;
• l’uomo emozionale;
• l’uomo intellettuale.
La categoria dell’uomo superiore invece annovera nel suo seno:
• L’uomo che ha raggiunto il centro di gravità permanente e che vive dentro all’idea dello sviluppo;
• L’uomo che ha raggiunto l’unità della coscienza ed è fornito di poteri e funzioni fuori della categoria di uomo ordinario;
• L’uomo che gode della coscienza oggettiva e possiede un numero più elevato di nuove facoltà, sconosciute all’uomo ordinario;
• L’uomo che è ormai dentro all’io permanente e gode di ogni possibile facoltà.
La percepibilità della dimensione religiosa della vita, poi, è contenibile solamente nelle prime cinque categorie nell’ordine di come segue:
• La prima comprende l’uomo feticista;
• La seconda il fanatico, l’intollerante e il persecutore;
• La terza il teorico, il dotto, il ritualistico e dogmatico;
• La quarta il ricercatore, colui che cerca di farsi da sé la ragione delle cose;
• La quinta del mistico e dell’asceta, di colui che ultradimensiona se stesso, ritagliandosi uno spazio oltre il modo comune di concepirlo;
• Nessuna possibilità esiste di accedere alla conoscenza nella sesta e nella settima categoria.
I percorsi attraverso la conoscenza di sé, che condurranno l’uomo a uno dei sette modi della possibilità dell’essere o gli consentiranno di spostarsi attraverso gli stessi in un continuo divenire, hanno inizio da quanto ciascun uomo meccanicamente possiede, sin dall’origine:
• Il cervello o centro intellettuale;
• Il cervello o centro emozionale;
• Il cervello o centro motorio;
• Il cervello o centro istintivo.
Il modo stesso - prevalente, predominante, coerente, equilibrato - con cui l’uomo agisce sui suoi potenziali centri gli consentirà uno sviluppo tale
che lo può lasciare in uno stato di veglia permanente o consentirgli l’accesso alle visioni sempre più vicine al sublime della verità, che coincide con quell’unità assoluta di cui noi siamo parti o frammenti in viaggio per poterci ricomporre con l’unità cosmica grazie al cammino intelligente dentro alla conoscenza che conduce alla consapevolezza. Ciò che, solitamente, contribuisce a rallentare l’uomo verso l’accesso ai livelli superiori di essere sono le impressioni che riceve nella sua macchina dall’esterno e che, quasi sempre, si trasformano in influenze di varia natura e potenza, che contribuiscono a rendere oscuro od opaco il suo sapere, nel senso della percezione del sé reale, che quasi sempre gli rimane assente od estraneo. Le impressioni scaturiscono, in genere, da uno scorretto lavoro dei centri o nei casi in cui questi si sovrappongono o si sostituiscono l’uno all’altro e viceversa, producendo sull’io influenze negative dovute a false impressioni quasi sempre cariche di torbido, di vago, di mancante, di lento, di illusorio, di frammentario Il risultato è la visione relativa del tutto.
Esistono tre sentieri di tipo tradizionale, già sperimentati nei comuni modi di crescere, che possono, in qualche modo, guidare l’uomo lungo la strada del Risveglio, in quanto lo inducono alla rinuncia su ciò che è falso o, comunque, fatuo (2). Essi sono (3):
• La via del fachiro, tendente allo sviluppo della volontà fisica, al controllo del potere sul corpo;
• La via del monaco, tendente alla fede, al sentimento religioso, al sacrificio;
• La via dello yogi, tendente alla conoscenza razionale o, se si vuole, oggettiva, conseguita tramite l’intelletto.
Ciascuna delle tre vie conduce, tuttavia, ad una visione parziale dell’uomo in quanto è assente nell’una quella che nell’altra è presente (4):
• Nella prima mancheranno i sentimenti e le conoscenze razionali;
• Nella seconda mancheranno il controllo del corpo e le conoscenze oggettive;
• Nella terza mancheranno il controllo del corpo e dei sentimenti fra i quali anche quelli di tipo religioso.
Si deduce che, se le prime tre vie sono strumenti parziali, sia pure importanti, per l’inizio della lievitazione della coscienza dell’io, necessitante diventa una quarta via (5) attraverso la quale si consegue:
• La capacità di difesa da qualunque processo di identificazione;
• L’attitudine al lavoro interiore in rapporto anche ai mutamenti storici e culturali;
• L’abitudine al non-luogo, che tiene lontano dai luoghi ordinari, origine essi stessi delle contaminazioni.
Insomma la quarta via diventa la porta principale verso l’elevazione dell’essere, ma le vie in generale sono un cammino verso la salvezza. Quanto è fuori del tracciato delle vie procede verso la morte dell’uomo anche di quello apparentemente più intelligente e colto (6). L’uomo ordinario, in effetti, è caratterizzato, all’interno della sua personalità, dalla compresenza di diversi io, la sua vita interiore non è un modello di unità in quanto subisce il fascino delle impressioni esterne, che sono la causa del sonno permanente. Il venir fuori dal sonno comporta il sacrificio dell’isolamento dalle influenze del mondo tramite l’assunzione di un atteggiamento di tipo esoterico, rivolto quindi al silenzio della vita interiore, che contiene la prefigurazione dei sentieri da percorrere verso l’acquisizione di una coscienza superiore.
I linguaggi delle scienze umane, quali la filosofia, la psicologia, la sociologia, la teologia – che pure hanno da sempre il compito di studiare i comportamenti umani ed orientarli – non sono di per sé bastevoli o idonei al risveglio, essi contengono limiti notevoli in quanto sono conflittuali, falsamente dialettici, frammentari, legati alle visioni politiche, economiche, culturali, sociali dei diversi momenti storici e all’interno dello stesso momento storico, tracciano, pertanto, nelle variegate diversità di metodi ed impostazioni, profili dell’uomo condizionati dagli interessi occulti o palesi delle classi sociali dominanti nelle diverse epoche e civiltà. Essi sono lontani da un linguaggio che si possa definire universale, agiscono, quasi sempre, sulla produzione di sistemi e di processi volti all’inibizione della libertà che all’uomo è data, sin dall’origine della creazione, di potersi sentire “tale” e potersi produrre e riprodurre nella sua stessa essenza, cioè nella pienezza assoluta della consapevolezza di sé, avendone i presupposti forniti dalla natura stessa. La psicologia classica, per esempio, agisce nell’ambito di pacchetti diagnostici e terapeutici tendenzialmente votati a riportare la “cosiddetta devianza” alla “normalità”, senza tenere conto che il concetto di normalità predefinito è del tutto pretestuoso, corrispondente semplicemente a “un modello di cultura e di civiltà storicamente stabilito. E’ probabile, a ben
vedere, che la devianza stia annidata proprio in quella normalità. E bene si farebbe a riflettere su questo, oggi soprattutto, in un’epoca in cui tutto sembra rimesso in discussione, i valori fondamentali contestati e la cultura del relativismo dominante, non ho voluto usare appositamente l’affermazione “nichilismo di ritorno”. Gurdjieff ad una domanda postagli dall’allievo Ouspenski rispondeva: «Per fare bisogna essere. E bisogna per prima cosa comprendere cosa significa essere. Se continueremo queste conversazioni, vedrete che ci serviremo di un linguaggio speciale e che per essere in grado di parlare con noi, bisogna imparare questo linguaggio. Non vale la pena di parlare nel linguaggio ordinario, perché, in questa lingua è impossibile comprenderci. Questo vi stupisce. Ma è la verità. Per riuscire a comprendere è necessario imparare un’altra lingua. Nella lingua che parla la gente non ci si può capire» (7). Gurdjieff, dunque, poneva il problema del linguaggio prima ancora che quello dei contenuti come se il linguaggio potesse essere contenuto di se stesso e non semplice strumento di veicolazione di discorsi: non si può apprendere
l’essere attraverso un linguaggio che non lo contiene, quindi bisogna che si cominci con un linguaggio a ritroso, tutto da inventare e che ciascuno di noi contiene dentro se stesso, o meglio nelle parti rimosse del sé. Il linguaggio, come comunemente inteso, è sempre un imbroglio, un plagio, la fotografia di una cultura, la sintesi di un sistema, esso definisce i confini del senso di ogni parola, di ogni discorso, escludendo l’opposto come possibile verità alternativa. L’insegnamento di Dio, che ci è pervenuto, per esempio, è contenuto in un linguaggio che non sempre corrisponde al vero senso, che pertanto andrebbe indagato, esplorato, per essere messo alla luce dello spirito dell’uomo, che quasi sempre ignora quello che è dentro alla parola, percependone solo l’involucro esterno. Il linguaggio delle parabole, ma anche quello biblico in generale, andrebbe riesaminato da un punto di vista esoterico, ma ce ne è stata fornita, ad arte, solo la visione letterale il che ha occultato, fino ad ora, la vera essenza di Dio all’uomo e, di conseguenza, l’uomo a se stesso (8).
Lo scopo pratico dell’insegnamento di Gurdjieff è che l’uomo, tramite una scuola o tramite un suo percorso individuale, riemerga all’essenza di sé per scoprire la sua unione al tutto, facendo un cammino, dialetticamente capovolto rispetto al senso comune del modo ordinario di agire, a partire da se stesso, dall’interno di un sistema espressivo che gli è dentro e che gli consentirà di rendergli palese l’essenza che gli è propria.
La differenza sostanziale tra i comuni trattati di filosofia, di psicologia, di teologia e Gurdjieff consiste nel fatto che in quest’ultimo nulla è teorico, nulla è dogmatico, nulla è predefinito, l’invito non è a credere in un “invisibile” ma in un “visibile”, il messaggio che egli trasmette è già contenuto di ogni uomo, basta che ogni uomo decida di prendere consapevolezza di ciò che egli stesso è.
Dove non c’è l’uomo nulla è, tantomeno la fede, perché quella che, in genere, possediamo ci è stata semplicemente trasmessa, appiccicata addosso, sin dalle età dell’innocenza dell’inconsapevolezza, non l’abbiamo cercata, non l’abbiamo elaborata, dunque non ci appartiene, ci è estranea, non ci coincide, ci nega in quanto esseri liberi, essa è uno dei tanti io, una delle tante influenze acquisite dal mondo, che nascondono il nostro vero io, lo atrofizzano, mimetizzando dell’essere la sua vera essenza. Una fede di cui l’uomo non è consapevole non fa onore né a lui stesso né a Dio: Dio va cercato.
Le mappe, che seguono – destinate a chi non ha la possibilità concreta di potere seguire una scuola - tracciano le linee essenziali di un percorso di lavoro su di sé che ognuno può applicare a se stesso seguendo i tempi e i modi del proprio stato di coscienza. Ciascuna rappresenta un momento logico dell’intero itinerario ed è preparatoria all’altra che segue. L’intento, puramente propedeutico, di approccio, è quello di fornire, in maniera semplice, delle prime piste di meditazione, utili per cominciare a riflettere sulla propria storia individuale per poterne gradualmente individuare i nodi problematici che contribuiscono a rendere buio e complesso, a volte, il proprio esistere.
Il suo nome, che comincia ad essere sempre più conosciuto e diffuso anche nel mondo occidentale, è legato alla fondazione dell’Istituto per lo Sviluppo Armonico dell’Uomo, una vera e propria scuola atta a risvegliare la persona dallo stato di “veglia apparente”.
Il suo pensiero è pervenuto a noi non solo attraverso la sua opera ed i suoi scritti ma anche tramite la sistematica divulgazione e l’approfondimento che ne hanno fatto, nel tempo, i suoi discepoli diventati, a loro volta, celebri e fra questi P.D. Ouspenski (Frammenti di un insegnamento sconosciuto), Maurice Nicoll (L’uomo nuovo. Interpretazione di alcune parabole e di alcuni miracoli di Cristo) e J.G. Bennett (Il divino sessuale).
In conseguenza della crisi culturale e dei valori, che sta coinvolgendo sempre di più la cultura del mondo occidentale, sta crescendo il numero delle persone che, a livello individuale, di gruppo o di scuola, fa riferimento al pensiero di questo genio altamente profetico dell’umanità. A lui si sono ispirati o si ispirano, anche attraverso le loro opere, protagonisti come l’architetto statunitense Frank Lloyd Wright, la scrittrice Pamela Lyndon autrice di Mary Poppins, lo scrittore francese Renè Dumal. Il regista inglese Peter Brook, il cantautore italiano Franco Battiato, ma anche altri che sarebbe veramente lungo elencare.
Il suo vastissimo corredo di conoscenze include, in una intelligente ed armoniosa sintesi, vari pensieri religiosi con un riferimento speciale alla filosofia del cristianesimo, in quanto cultura predominante nel mondo. L’avvicinamento al suo pensiero richiede gradualità, attenzione e per alcuni aspetti, dovuta precauzione, in quanto la sua scrittura e le sue concezioni, a un primo approccio, sembrano essere molto distanti dal comune sentire morale, civile e religioso tipico delle culture occidentali. Egli, per la verità, non nega né afferma, semplicemente sollecita l’io, suggerendo ad ogni essere esistente il bisogno di ritrovare le vie smarrite della coscienza, per dare un senso nuovo a quello che egli stesso è, a quello che egli stesso fa, a quello in cui egli stesso crede di credere, a quello per cui egli stesso agisce ed opera.
Secondo Gurdjieff l’uomo vive la maggior parte della sua esistenza nel sonno e nel sogno, in conseguenza del plagio culturale, che subisce sin dalla nascita, che rende puramente meccanico il suo agire. Il superamento della sua condizione di subalternità culturale, per raggiungere un superiore livello di consapevolezza di sé, può avvenire solamente attraverso un duro lavoro su se stessi. La condizione preliminare per tale lavoro risulta essere il desiderio personale di impegno per diventare un uomo differente, un uomo cioè capace di superare il suo stato iniziale di essere macchina, di fare, quindi, in prima persona, al fine di imparare a riconoscere la propria individualità nell’unità e di identificare un proprio “Io permanente” controllato da una coscienza consapevole e dalla volontà di agire. Ma la coscienza di essere richiede il superamento dello stato di coscienza relativa attraverso una prima percezione della coscienza di sé per potere poi raggiungere la coscienza oggettiva nella visione dell’intera verità su ogni cosa. In questo percorso la psicologia, applicata a se stessi, può essere di grande aiuto nel capire lo stato di menzogna nel quale ci troviamo rispetto a noi stessi prima ancora che rispetto agli altri e al tutto. Lo stato di menzogna, coincide con lo stato di sonno o di veglia apparente, che, mentre impedisce la percezione precisa tra ciò che è reale e ciò che è solamente immaginario nell’uomo, produce la falsa sensazione di trovarsi di fronte alla verità, tanto che si finisce per mentire a se stessi senza neppure averne la coscienza, dando, in tal modo, luogo ad una falsità relazionale tra Essenza e Personalità, mediate da una sequela infinita di impressioni prodotte da influenze o, come anche si potrebbe dire, da “falsi io” che impediscono all’io vero di venire alla luce, di nascere cioè (1). Gli uomini di oggi possono essere contenuti in sette grandi categorie, a loro volta suddivise in quelle dell’uomo ordinario e quello dell’uomo superiore.
La categoria dell’uomo ordinario include:
• l’uomo fisico;
• l’uomo emozionale;
• l’uomo intellettuale.
La categoria dell’uomo superiore invece annovera nel suo seno:
• L’uomo che ha raggiunto il centro di gravità permanente e che vive dentro all’idea dello sviluppo;
• L’uomo che ha raggiunto l’unità della coscienza ed è fornito di poteri e funzioni fuori della categoria di uomo ordinario;
• L’uomo che gode della coscienza oggettiva e possiede un numero più elevato di nuove facoltà, sconosciute all’uomo ordinario;
• L’uomo che è ormai dentro all’io permanente e gode di ogni possibile facoltà.
La percepibilità della dimensione religiosa della vita, poi, è contenibile solamente nelle prime cinque categorie nell’ordine di come segue:
• La prima comprende l’uomo feticista;
• La seconda il fanatico, l’intollerante e il persecutore;
• La terza il teorico, il dotto, il ritualistico e dogmatico;
• La quarta il ricercatore, colui che cerca di farsi da sé la ragione delle cose;
• La quinta del mistico e dell’asceta, di colui che ultradimensiona se stesso, ritagliandosi uno spazio oltre il modo comune di concepirlo;
• Nessuna possibilità esiste di accedere alla conoscenza nella sesta e nella settima categoria.
I percorsi attraverso la conoscenza di sé, che condurranno l’uomo a uno dei sette modi della possibilità dell’essere o gli consentiranno di spostarsi attraverso gli stessi in un continuo divenire, hanno inizio da quanto ciascun uomo meccanicamente possiede, sin dall’origine:
• Il cervello o centro intellettuale;
• Il cervello o centro emozionale;
• Il cervello o centro motorio;
• Il cervello o centro istintivo.
Il modo stesso - prevalente, predominante, coerente, equilibrato - con cui l’uomo agisce sui suoi potenziali centri gli consentirà uno sviluppo tale
che lo può lasciare in uno stato di veglia permanente o consentirgli l’accesso alle visioni sempre più vicine al sublime della verità, che coincide con quell’unità assoluta di cui noi siamo parti o frammenti in viaggio per poterci ricomporre con l’unità cosmica grazie al cammino intelligente dentro alla conoscenza che conduce alla consapevolezza. Ciò che, solitamente, contribuisce a rallentare l’uomo verso l’accesso ai livelli superiori di essere sono le impressioni che riceve nella sua macchina dall’esterno e che, quasi sempre, si trasformano in influenze di varia natura e potenza, che contribuiscono a rendere oscuro od opaco il suo sapere, nel senso della percezione del sé reale, che quasi sempre gli rimane assente od estraneo. Le impressioni scaturiscono, in genere, da uno scorretto lavoro dei centri o nei casi in cui questi si sovrappongono o si sostituiscono l’uno all’altro e viceversa, producendo sull’io influenze negative dovute a false impressioni quasi sempre cariche di torbido, di vago, di mancante, di lento, di illusorio, di frammentario Il risultato è la visione relativa del tutto.
Esistono tre sentieri di tipo tradizionale, già sperimentati nei comuni modi di crescere, che possono, in qualche modo, guidare l’uomo lungo la strada del Risveglio, in quanto lo inducono alla rinuncia su ciò che è falso o, comunque, fatuo (2). Essi sono (3):
• La via del fachiro, tendente allo sviluppo della volontà fisica, al controllo del potere sul corpo;
• La via del monaco, tendente alla fede, al sentimento religioso, al sacrificio;
• La via dello yogi, tendente alla conoscenza razionale o, se si vuole, oggettiva, conseguita tramite l’intelletto.
Ciascuna delle tre vie conduce, tuttavia, ad una visione parziale dell’uomo in quanto è assente nell’una quella che nell’altra è presente (4):
• Nella prima mancheranno i sentimenti e le conoscenze razionali;
• Nella seconda mancheranno il controllo del corpo e le conoscenze oggettive;
• Nella terza mancheranno il controllo del corpo e dei sentimenti fra i quali anche quelli di tipo religioso.
Si deduce che, se le prime tre vie sono strumenti parziali, sia pure importanti, per l’inizio della lievitazione della coscienza dell’io, necessitante diventa una quarta via (5) attraverso la quale si consegue:
• La capacità di difesa da qualunque processo di identificazione;
• L’attitudine al lavoro interiore in rapporto anche ai mutamenti storici e culturali;
• L’abitudine al non-luogo, che tiene lontano dai luoghi ordinari, origine essi stessi delle contaminazioni.
Insomma la quarta via diventa la porta principale verso l’elevazione dell’essere, ma le vie in generale sono un cammino verso la salvezza. Quanto è fuori del tracciato delle vie procede verso la morte dell’uomo anche di quello apparentemente più intelligente e colto (6). L’uomo ordinario, in effetti, è caratterizzato, all’interno della sua personalità, dalla compresenza di diversi io, la sua vita interiore non è un modello di unità in quanto subisce il fascino delle impressioni esterne, che sono la causa del sonno permanente. Il venir fuori dal sonno comporta il sacrificio dell’isolamento dalle influenze del mondo tramite l’assunzione di un atteggiamento di tipo esoterico, rivolto quindi al silenzio della vita interiore, che contiene la prefigurazione dei sentieri da percorrere verso l’acquisizione di una coscienza superiore.
I linguaggi delle scienze umane, quali la filosofia, la psicologia, la sociologia, la teologia – che pure hanno da sempre il compito di studiare i comportamenti umani ed orientarli – non sono di per sé bastevoli o idonei al risveglio, essi contengono limiti notevoli in quanto sono conflittuali, falsamente dialettici, frammentari, legati alle visioni politiche, economiche, culturali, sociali dei diversi momenti storici e all’interno dello stesso momento storico, tracciano, pertanto, nelle variegate diversità di metodi ed impostazioni, profili dell’uomo condizionati dagli interessi occulti o palesi delle classi sociali dominanti nelle diverse epoche e civiltà. Essi sono lontani da un linguaggio che si possa definire universale, agiscono, quasi sempre, sulla produzione di sistemi e di processi volti all’inibizione della libertà che all’uomo è data, sin dall’origine della creazione, di potersi sentire “tale” e potersi produrre e riprodurre nella sua stessa essenza, cioè nella pienezza assoluta della consapevolezza di sé, avendone i presupposti forniti dalla natura stessa. La psicologia classica, per esempio, agisce nell’ambito di pacchetti diagnostici e terapeutici tendenzialmente votati a riportare la “cosiddetta devianza” alla “normalità”, senza tenere conto che il concetto di normalità predefinito è del tutto pretestuoso, corrispondente semplicemente a “un modello di cultura e di civiltà storicamente stabilito. E’ probabile, a ben
vedere, che la devianza stia annidata proprio in quella normalità. E bene si farebbe a riflettere su questo, oggi soprattutto, in un’epoca in cui tutto sembra rimesso in discussione, i valori fondamentali contestati e la cultura del relativismo dominante, non ho voluto usare appositamente l’affermazione “nichilismo di ritorno”. Gurdjieff ad una domanda postagli dall’allievo Ouspenski rispondeva: «Per fare bisogna essere. E bisogna per prima cosa comprendere cosa significa essere. Se continueremo queste conversazioni, vedrete che ci serviremo di un linguaggio speciale e che per essere in grado di parlare con noi, bisogna imparare questo linguaggio. Non vale la pena di parlare nel linguaggio ordinario, perché, in questa lingua è impossibile comprenderci. Questo vi stupisce. Ma è la verità. Per riuscire a comprendere è necessario imparare un’altra lingua. Nella lingua che parla la gente non ci si può capire» (7). Gurdjieff, dunque, poneva il problema del linguaggio prima ancora che quello dei contenuti come se il linguaggio potesse essere contenuto di se stesso e non semplice strumento di veicolazione di discorsi: non si può apprendere
l’essere attraverso un linguaggio che non lo contiene, quindi bisogna che si cominci con un linguaggio a ritroso, tutto da inventare e che ciascuno di noi contiene dentro se stesso, o meglio nelle parti rimosse del sé. Il linguaggio, come comunemente inteso, è sempre un imbroglio, un plagio, la fotografia di una cultura, la sintesi di un sistema, esso definisce i confini del senso di ogni parola, di ogni discorso, escludendo l’opposto come possibile verità alternativa. L’insegnamento di Dio, che ci è pervenuto, per esempio, è contenuto in un linguaggio che non sempre corrisponde al vero senso, che pertanto andrebbe indagato, esplorato, per essere messo alla luce dello spirito dell’uomo, che quasi sempre ignora quello che è dentro alla parola, percependone solo l’involucro esterno. Il linguaggio delle parabole, ma anche quello biblico in generale, andrebbe riesaminato da un punto di vista esoterico, ma ce ne è stata fornita, ad arte, solo la visione letterale il che ha occultato, fino ad ora, la vera essenza di Dio all’uomo e, di conseguenza, l’uomo a se stesso (8).
Lo scopo pratico dell’insegnamento di Gurdjieff è che l’uomo, tramite una scuola o tramite un suo percorso individuale, riemerga all’essenza di sé per scoprire la sua unione al tutto, facendo un cammino, dialetticamente capovolto rispetto al senso comune del modo ordinario di agire, a partire da se stesso, dall’interno di un sistema espressivo che gli è dentro e che gli consentirà di rendergli palese l’essenza che gli è propria.
La differenza sostanziale tra i comuni trattati di filosofia, di psicologia, di teologia e Gurdjieff consiste nel fatto che in quest’ultimo nulla è teorico, nulla è dogmatico, nulla è predefinito, l’invito non è a credere in un “invisibile” ma in un “visibile”, il messaggio che egli trasmette è già contenuto di ogni uomo, basta che ogni uomo decida di prendere consapevolezza di ciò che egli stesso è.
Dove non c’è l’uomo nulla è, tantomeno la fede, perché quella che, in genere, possediamo ci è stata semplicemente trasmessa, appiccicata addosso, sin dalle età dell’innocenza dell’inconsapevolezza, non l’abbiamo cercata, non l’abbiamo elaborata, dunque non ci appartiene, ci è estranea, non ci coincide, ci nega in quanto esseri liberi, essa è uno dei tanti io, una delle tante influenze acquisite dal mondo, che nascondono il nostro vero io, lo atrofizzano, mimetizzando dell’essere la sua vera essenza. Una fede di cui l’uomo non è consapevole non fa onore né a lui stesso né a Dio: Dio va cercato.
Le mappe, che seguono – destinate a chi non ha la possibilità concreta di potere seguire una scuola - tracciano le linee essenziali di un percorso di lavoro su di sé che ognuno può applicare a se stesso seguendo i tempi e i modi del proprio stato di coscienza. Ciascuna rappresenta un momento logico dell’intero itinerario ed è preparatoria all’altra che segue. L’intento, puramente propedeutico, di approccio, è quello di fornire, in maniera semplice, delle prime piste di meditazione, utili per cominciare a riflettere sulla propria storia individuale per poterne gradualmente individuare i nodi problematici che contribuiscono a rendere buio e complesso, a volte, il proprio esistere.
NOTE
1. P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Editrice
Astrolabio, Roma, p. 28.
2. Op. cit., p. 56.
3. Op. cit., p. 53.
4. Op. cit., p. 53 segg.
5. Op. cit., p. 57.
6. Op. cit., p. 56.
7. Op. cit., pag. 28.
8. M. Nicoll, L’uomo nuovo. Interpretazione di alcune parabole e di alcuni
miracoli di Cristo, Libreria Editrice Psiche, Torino, 1989. p. 7.
N.B. - Le persone interessate possono fare richiesta delle fotocopie delle
mappe originali all'Autore, nel caso che quelle inserite nel sito non dovessero
risultare leggibili.
1. P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Editrice
Astrolabio, Roma, p. 28.
2. Op. cit., p. 56.
3. Op. cit., p. 53.
4. Op. cit., p. 53 segg.
5. Op. cit., p. 57.
6. Op. cit., p. 56.
7. Op. cit., pag. 28.
8. M. Nicoll, L’uomo nuovo. Interpretazione di alcune parabole e di alcuni
miracoli di Cristo, Libreria Editrice Psiche, Torino, 1989. p. 7.
N.B. - Le persone interessate possono fare richiesta delle fotocopie delle
mappe originali all'Autore, nel caso che quelle inserite nel sito non dovessero
risultare leggibili.