Immacolata solitudine è una silloge di poesie scritte in un arco temporale piuttosto ampio: l’ordine in cui i componimenti sono disposti è cronologico. La lirica iniziale, Rinascita, è scritta nel 1966, mentre le ultime poesie sono state scritte nel 2010. La scelta di indicare l’anno di composizione è indice di come la poesia sia un percorso di accompagnamento alla vita stessa dell’autore, e quindi la parola diventa indispensabile per spiegare la vita dell’uomo. Come traspare dai componimenti della raccolta, la parola si carica di un compito fondamentale: interpretare il significato dell’esistenza, comprendere il dolore che l’uomo deve sopportare nel corso del suo cammino, e cercare di farlo convivere con esso. Inoltre la parola ha in sé il ruolo di tradurre e chiarire le esperienze, i sentimenti, gli eventi che l’uomo vive quotidianamente. Proprio per l’incarico di cui è investita, la parola attraverso la poesia diventa compagna di vita, rivelatrice dell’identità della persona e dei pensieri più nascosti. Il poeta assume a sua volta un ruolo fondamentale, è sacerdote, è colui che conosce e sa come trarre dalla parola ciò che essa nasconde. In quest’ottica il titolo stesso della raccolta acquista un significato importante: un elogio alla solitudine, da cui emergono gli aspetti più intimi e celati dell’animo umano. L’importanza della parola è rintracciabile nella poesia Coriandoli, dove Antonio Pellegrino dichiara: “Chino su frammenti di carta,/ come tanti coriandoli / seminati in un’ aria opaca,/ tormento concetti / inghiottiti poi dalla penna vorace”. Lo scrittore comprende che lo scenario indispensabile e a volte irrinunciabile a cui abbandonarsi è quello rappresentato dalla solitudine, che trova la sua realizzazione nel paesaggio desertico. Diverse liriche hanno questo tema come principale, ma la poesia Elogio della solitudine, come il titolo stesso suggerisce, esprime chiaramente questo concetto: “Tu sì che ci sei,/tu con me ci sei sempre,/attenta e fedele,/solidale e/impavida./Ombra del mio cammino/mi segui in ogni mio sentiero,/ mastichi ogni mio tormento,/ti appassioni per ogni mia curiosità,/fantastichi per ogni mio progetto,/dividi con me ogni fetta del mio/deserto:/Il nostro deserto,/l’anfratto complice delle nostre essenze”. La solitudine torna in altre poesie ed è considerata un sentimento positivo, perché permette di riflettere sulle sensazioni e sui moti interiori che l’anima spesso non fa emergere. La condizione dell’uomo, la sua estraneità dal mondo circostante sono talvolta espressi da Antonio Pellegrino in un’ottica più ampia: nella lirica Solo è molto bello il paragone che si istituisce tra la condizione umana e quella della natura. I versi si caricano di lirismo: solo come un raggio di luna/liquefatto in un mare di sogni,/solo come una sfera di sole/abbracciata a pensieri di amori svaniti,/ [...] fra cuori di ghiaccio,/fra silenzi insondabili”. E la Natura assume un’importanza notevole nelle liriche della raccolta Immacolata solitudine, soprattutto nei componimenti iniziali, dove il legame con l’uomo è sancito in Rinascita: l’autore afferma "rinascerò con te, / Natura, / col tuo risorgere alla vita". Da questa dichiarazione di intenti lo scrittore passa a vedere la natura circostante come compagna, capace di accogliere le riflessioni dell’uomo: così le nuvole per la pioggia imminente diventano "compagne tristi dei momenti residui / del pensiero ansioso di perdersi", o ancora echi di paesaggi agresti, raffigurati nelle ore del tramonto, che sono luoghi ideali di riflessione e di abbandono. L’immagine della Natura che aiuta l’uomo e in particolar modo il poeta a riflettere sulla vita è evidente in alcune immagini: il vento agisce spazzando "schegge di tormenti" e regalando "coriandoli di ricordi" (nel componimento Fragili sogni). Molto significativa è la presenza della componente naturale nelle sue manifestazioni più concrete: accanto al panorama desertico, compaiono boschi, con gli alberi, ma soprattutto con le foglie, che ricorrono in modo frequente in diverse poesie. Le foglie portano con sé ricordi, immagini, sensazioni talvolta sopite, che vengono ridestate. Antonio Pellegrino esprime in Cupola di castagni il suo abbandono totale a ciò che lo circonda. “Steso nel verde/osservo/ estatico/questa cupola di castagni,/conto ogni ramo/e accolgo negli occhi ogni foglia”. Ai boschi si affiancano scenari più nitidi, come nella poesia Nebbia sul lago di Como, o ancora la Valtellina, Praia a mare che hanno chiari riferimenti all’esperienza personale dello scrittore, il rapporto con la terra d’origine è subito evidente. Lo scenario marino ha in sé anche ricordi di persone, di cui poco si dice, ma che sembrano avere un ruolo fondamentale: nella lirica Praia a mare Antonio Pellegrino afferma di ricordare "tu come eri / scolpita per sempre nella roccia / e annodata alle onde / del vorticoso nulla". A distanza di qualche anno, in un’altra poesia dedicata a questa località, Praia a mare: Spiaggia al crepuscolo, le sensazioni sembrano notevolmente differenti rispetto alle precedenti: l’autore afferma "Sento / odore di rifiuti, / vedo / tracce di catalettica morte". Una figura importante che emerge è quella materna, che nella poesia Per mia madre l’autore descrive come presenza costante, nonostante il tempo renda impossibile un contatto concreto. Antonio Pellegrino regala al lettore versi di una profonda intensità emotiva, quando afferma "eterna rimani" o ancora quando dichiara di desiderare fermare il tempo per godere dei momenti con la madre, e infine ammette: “Sei incollata per sempre/nei miei occhi/nei miei orecchi/nei ricordi della mia vita,/del mio cuore./Rimani un riflesso etereo/di trasparenze inesprimibili”. Il legame e il ricordo sono espressi anche nella lirica successiva, ma contemporanea, Racconti, in cui riaffiora anche l’immagine dell’infanzia, volti di un "passato antico", a cui si alternano scenari di boschi, alberi e colline. Emerge inoltre l’alternanza tra i momenti del presente e gli episodi del passato, dai quali traspare un sentimento di nostalgia per il passato. È ciò che esprimono alcuni componimenti, come Ricordi in frammenti (1999): “E il tempo rapido/scorre in sequenze di frammenti/fra le rigide vene della mente,/ trasportando riflessi/di eventi remoti dell’anima,/ [...] mi rivedo bambino stridulo/immerso in giochi spensierati e infantili/mescolati ai sapori arcani/e ai densi colori/i estive strade fumanti”. I ricordi pervadono anche altre liriche, come Sapori sopiti, in cui Antonio Pellegrino si abbandona a momenti e "frammenti" di vita che riemergono dalla memoria, dal passato ("Mentre razzolo nelle radure dell’anima / ritrovo sapori che credevo sopiti"). Ai componimenti più interiori e intimistici si contrappongono poesie dedicate alla musica e a Mozart, alla bicicletta, al gatto Nemo, che pur sembrando in apparenza vicini alla quotidianità, mantengono un collegamento con il tema del ricordo di cui si è parlato in precedenza. Sul piano linguistico, i componimenti si caratterizzano per un’alternanza di termini più ricercati, come abato, di cui l’autore crea un neologismo, a vocaboli più vicini alla quotidianità. Sul piano metrico si distinguono versi liberi, composti da altrettante strofe libere, che indicano la fluidità dei pensieri e l’emergere spontaneo dei sentimenti dell’animo umano.
Ilaria Porro
Per l'acquisto anche on line del libro clicca sul seguente link:
http://www.libreriauniversitaria.it/immacolata-solitudine-pellegrino-antonio-gruppo/libro/9788856741087
Ilaria Porro
Per l'acquisto anche on line del libro clicca sul seguente link:
http://www.libreriauniversitaria.it/immacolata-solitudine-pellegrino-antonio-gruppo/libro/9788856741087